Antonietta Di Martino ci crede. Ad aprile una lesione muscolare alla coscia sinistra, proprio l’arto dello stacco, l’ha costretta a un lungo stop: una vera e propria iattura nella stagione olimpica. Da allora è cominciata una difficile corsa contro il tempo, nella quale c’è soprattutto una grande voglia di salire sull’aereo per Londra. Del resto una come lei è abituata a combattere e le sue sfide con la vita le ha sempre vinte.
La qualificazione per la finale di salto in alto degli ormai imminenti Giochi è in programma il 4 agosto. E fino ad allora è impossibile qualsiasi previsione. Nessuna percentuale di presenza o meno; soltanto la grande voglia di esserci. Ce la farà? «Io ci credo, sto facendo il possibile per essere a Londra».
Come sta?
«Mi sento in buona condizione. Conclusa la lunga fase di fisioterapia adesso penso soltanto ad allenarmi normalmente. Il tempo però purtroppo stringe».
Valigia già pronta o ancora disfatta?
«Per scaramanzia preferisco non pensarci. A fine mese faremo i conti. Ma sono ottimista, guai se non lo fossi»
Manca poco e poi tutti si auspicano che spiccherà di nuovo il volo.
«Speriamo. Per ora tutto è andato come ci aspettavamo. Non mi faccio particolari illusioni, ma sono molto concentrata».
A quando l’auspicato via libera definitivo?
«Adesso sono a Formia ad allenarmi. Il tono muscolare è buono ma sarà decisivo vedere come reagirà il ginocchio alle inevitabili ulteriori sollecitazioni».
Come si fabbrica un campione?
«Con il sacrificio, l’umiltà, il duro lavoro e, soprattutto, non bisogna mai mollare».
Proprio come lei.
«Diciamo che non sono più tanto giovane, semmai vecchia di ore trascorse tra campo d’allenamento e piste di gara».
Prandelli dice che l’Italia non è un Paese per giovani.
«Non credo sia così. Perché se un giovane ha delle qualità, prima o poi emerge anche qui».
Magari ci sarebbe allora bisogno di una migliore programmazione e di una nuova politica di gestione dello sport.
«No, non penso che sia questo il problema vero».
E allora qual è?
«Semmai c’è una disparità di opportunità legata alla carenza di strutture. Basti vedere quello che c’è al Sud rispetto alle maggiori risorse del Nord: questa è una differenza che si avverte sicuramente».
Storia vecchia.
«Purtroppo. Riuscire a colmare questa lacuna darebbe un’ulteriore spinta a tutto lo sport italiano. Ma comunque non basterebbe, per diventare grandi c’è bisogno d’altro che riguarda questioni non solamente strutturali».
Cosa è ancora necessario?
«In ogni caso, dato il livello di competitività ormai molto alto, non è sufficiente solo avere talento. Serve allenarlo e acquisire esperienza per essere i migliori».
Cosa vede nella sfera di cristallo?
«Se dicessi che mi auguro di partecipare alle prossime Olimpiadi sarebbe scontato. In realtà, spero di avere sempre tanta serenità nell’affrontare tutto quello che la vita mi riserva; nel bene e nel male».
In bocca al lupo.
«Crepi».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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