Gabriele Gravina, presidente della FIGC, ha rilasciato una lunga intervista al giornale spagnolo AS:
- In Italia c’è stata qualche polemica sulla possibile ripresa degli allenamenti. Qual è la sua posizione in merito?
“Bisogna attenersi alle indicazioni dei medici, in questo momento non è pensabile potersi allenare in sicurezza e in serenità se non si può nemmeno uscire di casa. Di sicuro dovremo ripartire tutti insieme”. - Secondo Rubiales, è “irresponsabile e antipatriota” distribuire tamponi ai giocatori professionisti, come accaduto in Spagna. In Italia i calciatori vengono sottoposti al test anche se asintomatici?
“C’è un protocollo e il calcio lo deve rispettare, sono i medici che decidono in piena autonomia. Vi riporto un caso che ci ha riguardato da vicino: i componenti della delegazione della Nazionale femminile rientrata dal Portogallo da diversi giorni con un nostro charter sono in isolamento e a nessuno è stato fatto il tampone, nonostante pilota e hostess dell’equipaggio con cui hanno viaggiato siano risultati positivi”. - Mi rendo conto che è difficile, ma crede che il calcio internazionale possa trarre qualcosa di buono o, almeno, una ‘lezione’ da quello che stiamo vivendo? Cosa dovrà cambiare quando tutto sarà tornato alla normalità?
“Come l’Unione Europea in ambito politico, il calcio continentale deve trarre un grande insegnamento: guardare al suo sviluppo con unità, con maggiore condivisione degli obiettivi senza personalismi nazionali o di categoria”. - Crede che il calcio europeo, inizialmente, abbia sottovalutato la tragedia che sta colpendo l’Italia?
“Una volta capita l’evoluzione dell’epidemia, bisognava forse agire in maniera più tempestiva e coordinata, e non parlo del calcio, perché tutti i Paesi europei sono coinvolti allo stesso modo. Nessuno poteva pensare che questo fosse un problema italiano. L’Italia è solo due settimane avanti rispetto al resto d’Europa. Prima di tutto, anche dello sport, viene la salute”. - Nelle ultime riunioni internazionali, qual è stata la proposta che ha gradito di più?
“Quella che tiene conto di soluzioni condivise. Tutti i protagonisti del calcio subiranno dei danni a causa di questa crisi, non è pensabile scaricarli su una sola componente. Federazioni, Leghe, Club, calciatori e soprattutto tifosi, solo insieme si potrà ripartire”. - Considerando i bollettini degli ultimi giorni, reputa ancora possibile un ritorno in campo a maggio?
“La situazione è ancora critica. A nome del calcio italiano desidero inviare un grande abbraccio a tutta la Spagna, e a tutte le Federazioni che stanno affrontando questa situzione, in momenti così difficili siamo molto più che fratelli. Ma il dovere di chi ha responsabilità, in ogni settore, è studiare e ipotizzare una ripartenza. Abbiamo parlato di inizio maggio, ma sarebbe bello ugualmente se dovessimo riiniziare anche a metà mese o addirittura alla fine. Purché si veda la fine di questo incubo”. - Ha dichiarato che c’è unità d’intenti col presidente Rubiales: Italia e Spagna chiederanno di concludere la stagione a luglio?
“È un’opzione che dobbiamo provare a percorrere se si dovesse ricominciare e non ci fossero date disponibili per terminare tutto entro il 30 giugno. Con Rubiales siamo in sintonia, vogliamo concludere quello che abbiamo iniziato, perché significherebbe vedere la luce in fondo al tunnel di questa emergenza e offrire al Paese la spinta emotiva per recuperare il senso della vita normale”. - Come si gestirebbero i contratti di calciatori, club e sponsor in scadenza al 30 giugno?
“Si dovrebbero approvare deroghe concertate con la FIFA e con la UEFA e spostare in avanti l’inizio della nuova stagione sportiva. Voglio essere chiaro, si può fare solo se tutti siamo concordi su un punto: giocare aiuta a ricreare l’entusiasmo che fa del calcio lo sport più seguito e amato al mondo e ci consente di limitare i danni”. - A suo avviso, in questo contesto il format delle competizioni UEFA andrebbe modificato?
“La UEFA ha già ipotizzato una cosa del genere se si dovesse ricominciare a giocare molto tardi”. - Se la crisi sanitaria dovesse prolungarsi, crede sia possibile giocare tutti i match restanti a porte chiuse sia in Italia che in Europa?
“È un’opzione che non possiamo scartare. Soprattutto se le condizioni generali dovessero migliorare, ma fosse ancora sconsigliato l’assembramento di tante persone”. - Una sospensione definitiva delle competizioni quali conseguenze avrebbe sul calcio italiano e quello europeo?
“Avrebbe un impatto devastante. In questi giorni, la FIGC sta preparando uno studio da presentare al Governo, al quale verranno allegati i dossier realizzati dalle Leghe con la quantificazione dei danni. Il calcio in Italia rappresenta un importante comparto produttivo, ci aspettiamo provvedimenti conseguenti perché nella filiera sono coinvolte decine di migliaia di persone”. - Quale sarebbe la soluzione da adottare in uno scenario del genere per l’assegnazione di titoli, qualificazioni europee, promozioni e retrocessioni?
“L’obiettivo principale è riprendere la competizione, ma stiamo comunque facendo un ragionamento al nostro interno qualora non dovesse essere possibile. In tempi non sospetti, avevo parlato di congelamento della classifica al momento dell’interruzione con o senza assegnazione del titolo di campione nazionale, e anche dell’introduzione dei play off e play out. Ho dovuto constatare che la Serie A non è pronta per questa innovazione, anche se adottata solo per quest’anno”. - Reputa il taglio degli stipendi dei calciatori una misura necessaria? Si attende un confronto sul tema, uniformando la misura a livello internazionale?
“Lo spirito solidaristico a cui facevo riferimento si applica anche in questa circostanza. Stiamo attraversando un’emergenza storica, una crisi mai vissuta dal dopoguerra ad oggi, e la realtà esige provvedimenti che rispondano all’obiettivo principale: la sopravvivenza del calcio. Auspico un intervento europeo in questo senso”.
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