La tv è un palliativo, perché otto anni di Napoli, partendo dal sottoscala della serie C, non possono essere racchiusi dentro uno schermo, per grande che sia: si gioca la madre di tutte le partite e Stamford Bridge è un brivido che percorre la schiena, una serata (d’onore) da attraversare dal vivo, assaporandola per intero al fianco dei propri compagni, condividendone ogni minimo dettaglio. Gianluca Grava è out, però si può essere in pur da bordo campo, dalla tribuna, da uno scanno qualsiasi: e osservare, e pregare, e tremare o esultare. «Come si fa a non andare?». Infatti, sull’aereo che conduce all’Evento, sale pure Grava, per sentirsi partecipe sul serio, per doversi trovare con i crampi allo stomaco nel salotto di casa. Il campo aiuta a scaricare la tensione, a dominarla, e a poter raccontare: io c’ero. In tribuna, ma ci sarà: tifoso eccellente, capitano non giocatore, una bandiera che sta lì a sventolare.
PECCATO, DONADEL – E poi pare che la fortuna sia cieca: e la malasorte, ci vede benissimo? Il destino sa essere cinico e persino un po’ baro e fa di un martedì 13 marzo, altrimenti destinato alle emozioni, una giornata di passione: si parte, certo, destinazione Londra; e però, al gate che sta più in là, ben oltre l’estasi, ben dentro al tormento, si decolla verso Monaco, la meta di Marco Donadel per uscire dal personalissimo inferno. E’ andata, maledizione: un anno vissuto dolorosamente, solo sedici minuti effettivi (in Coppa Italia, contro il Cesena) capitate nel mezzo con una lesione al retto femorale della coscia sinistra, sul quale, interverranno Hinterwimmer e Muller, gli specialisti del Bayern. Stop prevedibilmente lungo, quando basta per mandare in archivio un’annata completamente storta.
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