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GRAFICO – Higuain-Lewandowski, tutti i numeri della sfida nella sfida tra fenomeni

Il gol nei piedi, il padre Krzyztof sempre nel cuore. La sera in cui è entrato nell’albo d’oro della Champions facendo da solo poker al Real Madrid di Mourinho nell’andata delle ultime semifinali, Robert Lewandowski alzò gli occhi al cielo e si fece lentamente il segno della croce. In campo, testimone oculare di quella terrificante quaterna, c’era anche Higuain che al 66′ lasciò il posto a Benzema.
«In quel momento ho pensato intensamente a mio padre – raccontò poi Bobek, come lo chiamano in famiglia fin da bambino – i miei gol importanti li dedico sempre a lui». Aveva sedici anni quando un ictus gli portò via il papà, ma lui lo fa rivivere di continuo con le sue prodezze che gonfiano la rete degli avversari. Ha il cruccio di non essere riuscito a trascinare la sua Polonia ai mondiali in Brasile. Un motivo in più per non farsi chiudere la strada dal Napoli in Champions.

PALESTRA – Come Miro Klose, sangue polacco e passaporto tedesco, anche Bobek è nato per lo sport, allevato da genitori che stavano tutto il giorno in palestra. Krziztof e la madre Iwona (nazionale di pallavolo) erano insegnanti di educazione fisica. Le prime “materie di studio” imparate già nell’infanzia dal futuro bomber borussiano sono state atletica, ping-pong e judo, pallavolo e corsa campestre. «Lui era sempre il bambino più forte, ma anche molto modesto, non voleva mai mettersi in vista», ricorda il suo maestro elementare Filip Bak. Con una vocazione tutta particolare per il calcio. «Noi diciamo che Bobek ha scoperto il pallone già nella culla», dice la sorella più giovane Milena. Nulla di strano, quindi, che la sua anima gemella Bobek non l’abbia trovata sulla passerella di uno stilista o su un set cinematografico e neppure in uno studio televisivo, bensì in un club di arti marziali, perché dall’anno scorso, dopo un lungo fidanzamento, sua moglie è l’ex campionessa polacca di karate Anna Stachurska, medaglia di bronzo ai campionati europei del 2008.

POLACCO – E’ cresciuto a Leszno, nei pressi di Varsavia. Tranquillo paesino di ottomila abitanti. Cominciò nei “pulcini” del Partyzant, la squadra del posto. A dieci anni fu reclutato nel vivaio del Varsovia, ma a scoprirlo sul serio fu Sylwiusz Mucha-Orlinski, dirigente del Delta. «E’ attaccatissimo alle sue radici – sottolinea Mucha-Orlinski – ha invitato a sue spese a Dortmund tre nostre squadre giovanili : 60 persone. Il successo non ha mutato la sua natura semplice e generosa». Il Delta è stato la rampa di lancio verso il Legia Varsavia, poi il Pruszkow e infine il Lech Poznam che tre anni fa ha incassato 4 milioni di euro (record polacco) per la cessione al Borussia Dortmund. Il suo prossimo trasferimento invece non costerà nulla, perché il richiestissimo cannoniere di Leszno è in scadenza di contratto. Per trattenerlo fino a giugno, il Borussia ha rinunciato ai 30 milioni che avrebbe potuto ricavare dalle ripetute offerte del Bayern. Lo hanno corteggiato invano Inter e Juventus. Dicono che potrebbe traslocare in Premier League. A gennaio rivelerà il colore della sua prossima maglia.

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Dov’eravamo rimasti? Eppure sembra un’eternità, ma è appena l’altro ieri: però il calcio del Terzo Millennio somiglia ad un frullatore e il 6 novembre, che dista un nulla, appare come un puntino azzurro travolto dall’onda lunga d’una stagione travolgente. Napoli 3-Olympique Marsiglia 2: con dentro la sontuosa doppietta d’un Higuain stellare, quaranta milioni d’euro che brillano nella notte del San Paolo e sanno di Champions. Poi, è il buio nella tempesta scatenata dalla sconfitta in casa di Madame, dallo scivolone con il Parma, dalle ombre che s’allungano fastidiose e quasi occultano ciò ch’è già stato.

OTTO VOLANTE – La memoria ha però le date corte e il pipita che t’aspetti è nel suo avvio strabiliante, nella sua sfida a distanza con il fantasma di Cavani che (indiscutibilmente) aleggia intorno al Napoli, in quelle otto reti che mica sono poche, diamine, e però neanche tanto, eh la miseria, perché intanto sono cresciute le ambizioni e pure l’ansia da prestazione, e il timore di perdere il contatto con le big e di ritrovarsi (quasi) fuori dalla Champions è paura. Ma i numeri non mentono e hanno un’anima, eccome: cinque reti in campionato, tre in Champions, con nel mezzo le due settimane d’intorpidimento muscolare costate un pizzico d’efficienza: il match entra nel vivo e quando il gioco si rifà duro, i bomber sanno come rimettersi a stuzzicare.

MENO QUATTRO – Si scrive Higuain e si ripensa all’estate, all’investimento faraonico, al fascino suggestivo d’un centravanti strappato al Real Madrid, alla solennità che va riconosciuta (quasi a prescindere) al goleador della Nazionale argentina: e poi, il figlioccio di Maradona, l’erede del matador, il partner di CR7, l’antagonista di Benzema, la star che t’illumina d’immenso e ti trascina nella Galassia del calcio. Mica facile vivere da pipita, con la lente d’ingrandimento fissata sul dettaglio e un digiuno d’un mese (in campionato) che s’ingrossa, deflagra, devasta dentro e anche un po’ fuori e induce al pessimismo. L’Higuain italiano s’è fermato al Toro – su rigore – e ancor prima – su azione – s’è inabissato a San Siro, in una serata magica, un blitz in casa di uno dei club più titolati dell’universo che vale il riconoscimento dell’autorevolezza e l’ottimismo che avvolge.

THE CHAMPIONS – Nel computo, volendo, ci sarebbero anche gli assist: quello solenne a Verona, a Insigne, per mandarlo in porta; quello addirittura sontuoso al Velodrome a Callejon, con il no look che spazzò via i pregiudizi sulla condizione fisica. Però stavolta è tutta un’altra storia, perché c’è in palio la qualificazione, c’è (persino) un braccio di ferro con Lewamdowsky e c’è un orgoglio ferito dalla sconfitta di sabato sera. C’è Borussia Dortmund-Napoli, che arriva a diciannove giorni di distanza dall’ultimo (doppio) acuto di Higuain, c’è un’ora e mezza in cui si può quasi ritrovare in palio il passaggio agli ottavi e c’è il desiderio collettivo di ritrovare el pipita autentico, in tutto il suo splendore. Perché poi ci sono serate in cui le stelle non possono, né vogliono, starsene a guardare…

Fonte: Corriere dello Sport.

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