Gira e rigira, serve comunque un (bel) Napoli: perché quando il gioco si fa duro, come adesso, bisogna mettersi seriamente a giocare. La pioggia, il freddo, un’altra vita rispetto e ieri: e bisognerà tener presente anche questo, non solo questo, perché poi c’è il sintetico e poi ci saranno il Verona, l’Atalanta, la Roma, un tour de force nel quale c’è in palio la dignità d’un campionato da riaprire. In classifica: sei punti e però non sentirli addosso: la strada per la qualificazione è breve, vero, ma va percorsa in fretta, per non rischiare di trovare affogati, tra un impegno e l’altro. In campo: quelle casacchine verdi che qualcosa dicono, non tanto ma un po’.
RIVOLUZIONE . A naso, aspettando che il cuscino ispiri Benitez, s’intuisce la volontà di rimescolare il Napoli rispetto a San Siro, di dargli una nuova anima, di modificarla ovunque, tenendosi un paio di ballottaggi aperti. E comunque, mentre le ombre si sono già allungate, Henrique domina a destra, Albiol e Koulibaly restano certezze centrali ed a sinistra, in difesa, rispunta Ghoulam. E’ un’ipotesi e ci sta tutta, perfettamente in regola con la natura dei singoli, per rassicurare i quali, davanti a loro, si scorgono ancora Inler e David Lopez, i medianoni del «Meazza».
CI VUOLE GAMBA. Il lavoro peggiore è sulle fasce e per gli esterni serve avere fiato, corsa e lucidità: Callejon non ha avuto la Nazionale, ma ci saranno tre gare in rapidissima successione nelle quali sarà indispensabile la sua freschezza e De Guzman a Bratislava ci ha già giocato a destra, potrebbe farlo pure a Berna; stavolta con il «nuovo» Jorginho – mezzala – lui più di Hamsik ed anche di Michu, e con Mertens che è una sicurezza a sinistra.
TRE UOMINI. Per una maglia, una sola, quella che è di Gonzalo Higuain, quella che appartiene saldamente ad un centravanti di spessore mondiale che (in teoria) potrebbe riposare all’inizio ma che (in pratica) potrebbe pure cominciarla lui questa partita, per un’ora o poco più, prima di dar vita al valzer dei cambi. La rifinitura offre pallide indicazioni, mescola gli uomini, ricerca i movimenti giusti: per un po’, il terminale offensivo diventa, come da copione alternativo, Zapata; poi c’è Michu che si traveste da prima punta ed i dubbi restano.
ROTAZIONE. Ma guai pensare che il campionato possa distrarre, perché Fabio Pecchia, il secondo, ribadisce la pubblica richiesta di Benitez («ragazzi, intensi, così….») e quel brandello d’allenamento concesso alla stampa e a chi è arrivato sino a Berna per godersi il Napoli induce a ritenere che le staffette possano farla da padrone: una davanti, e su questo quasi non ci piove, una tra le linee – dove Hamsik o magari Michu potrebbero avvicendare Jorginho, poi eventualmente lasciato scivolare in mediana – e l’ultimo diventa un jolly da giocarsi tenendo presente che le partite hanno bisogno di «letture» in corso e non di un piano rigorosamente preordinato. Però s’intuisce che c’è un altro Napoli, stavolta, sembra assai diverso da quello che ha sfidato l’Inter, deve esserlo: soprattutto nei primi sessanta minuti, quelli da cancellare in fretta.
Fonte: Corriere dello Sport
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