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Goran Pandev, l’asso in più nella manica di Benitez

Gioca in ogni posizione dell’attacco azzurro, sfornando gol e assist Mercoledì arriva l’Arsenal e il macedone vuole regalare altre magie

Lo stop spalle alla porta, il piede d’appoggio, il destro, che fa da perno, e l’altro, il suo, in girata, che piazza il pallone di giustezza. Tutto in un attimo. Ruotando il corpo, i risultati e i destini. E’ il colpo di Goran Pandev. Una specialità ormai anche un po’ metafora della carriera. Quando tutti lo danno spento, lento e appesantito, rovescia le pagelle. Smentisce le cassandre. Ribalta la prospettiva. Gli basta un guizzo e una zolla di terreno. La classe è in una giocata. Anzi due, tabellino alla mano. Un’altra doppietta in campionato e sono sei le reti totali. Già record eguagliato. Tre le stagioni azzurre fin qui, e il sei è un numero periodico. Che si ripete ed esce sulla ruota di Napoli. Sei gol il primo anno, sei quello dopo, la replica, ora il tris, in sole tredici giornate però. La media è da bomber, la posizione in campo da jolly. Pandev il multiuso. Trequartista sulla lavagnetta di Benitez, seconda punta di fatto e come piace a lui, centravanti quando dà la profondità e allunga la squadra. Tutto e con qualità. Per un’oretta almeno, fino a che il fiato regge e il sinistro è lucido come le idee. Si esalta tra le linee. Si smarca, trova la posizione, gioca e fa giocare. Tre assist, sei le reti e una media che non ha mai avuto a Napoli. Un gol ogni 128 minuti, il ventesimo totale in 100 presenze: è nell’élite del club. Il traguardo contro l’Udinese, una coccarda appuntata sul petto azzurro. Il colore che ha voluto e s’è tenuto stretto. Un anno e mezzo di contratto ancora, scadenza giugno 2015.

SIRENE RUSSE – In Russia l’hanno cercato, lusingato, e il modo per convincerlo l’avevano anche trovato. Avrebbe guadagnato un botto. Rubin Kazan, Dinamo Mosca e Lokomotiv pronte a svenarsi. Pandev era l’obiettivo di tutte. Ma ha scelto Napoli, e l’idea, ribadita, è di chiudere qui col calcio italiano. Il futuro sarà solo all’estero. Arrivò ragazzino all’Inter, aveva 18 anni. Andrà via maturo e campione. Tre anni di Napoli. Lo volle Walter Mazzarri. Fu l’acquisto improvviso di un mercato mirato. Doveva essere il vice Lavezzi, il quarto tenore. Si rivelò un solista, e l’acuto non è mai mancato. Il più talentuoso dell’organico, sussurano tanti compagni. Pandev la qualità. E ora anche la quantità. Marek Hamsik è infortunato. Ha saltato Dortmund, la Lazio e l’Udinese, non ci sarà mercoledì con l’Arsenal, e rischia l’Inter. Pandev allora, fortissimamente Pandev. Ancora. Più di tutti. E’ lui la soluzione ideale di Benitez, l’alternativa titolare. Quello che quando sta bene, fa la differenza. L’intesa con Higuain è perfetta. Totale. Affinità tecniche in campo, “automobilistiche” fuori. Compagni d’attacco e di viaggio. Arrivano spesso insieme a Castelvolturno. Abitano vicino. Lui al volante, il Pipita passeggero. Vanno forte. Nei limiti, ovviamente. Quelli, li superano solo in campo. Pandev da urlo. Il San Paolo ne ha accompagnato l’uscita con gli applausi. Sei reti totali. Doppiette ad Udinese e Genoa, il segno col Livorno e la festa all’Olimpico contro la Lazio: la sua partita. Un gol, un assist, l’esultanza polemica e la sensazione, quella notte, che il peggio (le tre sconfitte) fosse ormai passato. E invece l’Udinese, il pari, i fischi d’amore del San Paolo e l’Arsenal, ora, per ripartire subito. Con Pandev assolutamente al volante. Lui l’unico dello spogliatoio, tra i giocatori, ad averla vinta la Champions. Saprà di sicuro perciò come passare almeno il girone di qualificazione. Servono i gol, i suoi gol. Mai tanti, mediamente in azzurro, come quest’anno. E’ già un Pandev da record.
Fonte: Corriere dello Sport

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