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Goran Pandev è il perno dell’undici di Mazzarri

Il macedone è il giocatore giusto per il modulo azzurro

Vincere aiuta a vincere: e in quella bacheca (virtuale) che luccica in casa Pandev c’è la capacità d’imporsi ovunque e comunque, tracce di «triplete» che brillano e inducono a seguire il solco. Vedi Napoli e poi ne resti stregato: nonostante un anno così e così, a macerarsi soprattutto in panchina all’ombra di Lavezzi, galleggiando nell’incertezza definita dalla precarietà, un po’ artista e un po’ no, e spazzata via dalla virata decisa di giugno, dalla proposta buttata lì dalla triade De Laurentiis-Mazzarri-Bigon, un atto di fiducia illimitata che ha rotto qualsiasi argine. «E’ stata la mia mia prima e unica scelta: ho avuto la prova della stima della società e del tecnico ed ho voluto Napoli» . L’estate più rassicurante nasce ancor prima che il mercato si apra ufficialmente e la conferma sa d’investitura bella e buona, testimonianza d’una sintonia che ha superato le beghe e l’ira di Stamford Bridge e ciò che rimase impigliato nell’erba d’una notte maledetta, avvelenata pure dall’amarezza d’un bomber utilizzato part time, visibilmente risentito e però poi rivitalizzato dal finale con il successo in coppa Italia e con sei reti complessive che testimoniano la rinascita.

E ORA A LUI – Il top player che il Napoli si concede e regala a Mazzarri è Goran Pandev e i sette milioni di euro e di buoni motivi che spingono a chiudere in fretta, anzitempo, con un blitz che sa d’anticipo sui tempi del mercato, è stimolato innanzitutto dalle considerazioni di un allenatore che sa bene quel che vuole per sostituire Lavezzi, ormai lontano dal san Paolo e già proiettato all’ombra del Psg: al fianco di Cavani o immediatamente alle sue spalle, davanti ad Hamsik ed alla linea dei cinque di centrocampo oppure spalla a spalla con lo slovacco a danzare tra le linee, in quel modello di calcio da smontare e rimontare, il macedone ci sta di lusso perché sa coprire la palla, sa tenerla per aiutare la squadra a salire, sa essere cinico, perfido, diabolicamente perfetto in fase di non possesso e nella dimensione attiva; e poi sa fare il centravanti, la seconda punta; sa giocare in verticale; sa come bisogna indurire il petto, nelle gare complicate. E poi, non essendoci più il Pocho, saprà assumersi le responsabilità, fungere da prim’attore, caricarsi sulle spalle gli oneri per guadagnarsi gli onori della ribalta racchiusi nella sintetica definizione spifferata dal tecnico: «E’ un campione e la sua carriera lo dimostra» .
LA STELLA – C’è un percorso da seguire sistemato nei propri pensieri e c’è un’idea di calcio alternativo che solletica Mazzarri: l’esperienza Champions, e pure quella dell’Europa League di due stagioni fa, ha insegnato che il duplice impegno toglie energia ed allora via al Napoli-1 e al Napoli-2, a chi deve ingenarsi (innanzitutto) sul campionato e chi avrà il compito di provarci nel Vecchio Continente. C’è una parola impronunciabile che danza nell’aria e allora si riparte da Pandev, che sa già come si fa: perché vincere aiuta a vincere.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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