Dal Napoli alla Juve e dalla Juve al Napoli. Storie di ex e di rivincite e vendette che si legano soprattutto a grandi nomi del passato. Sivori e Altafini in prima fila. Come quella del gol del Cabezon che punì i bianconeri a Fuorigrotta, come quella delle provocazioni dell’artista argentino a Heriberto Herrera, oppure come il tocco maligno e ravvicinato di “core ‘ngrato” che negò al Napoli il sogno scudetto in un maledetto 6 aprile del ’75. Roba di una o due vita fa.
Certo, pure oggi, pure nel “Nido” di Pechino s’incroceranno storie e ricordi di ex dell’una e l’altra squadra, ma sarà diverso. Per almeno due ragioni. La prima: perché sono storie recenti e non possono quindi vestirsi di leggenda; poi, perché sono davvero storie particolari. Strane. Se si vuole, unite da un unico destino: quelle d’essere storie brevi. Storie di giocatori di passaggio. Un tocco, un breve amore e via.
Brevi, però finite comunque in una cornice di valore quelle dei due napoletani, bianconeri un po’ d’anni fa. Fu nel ’97, quand’aveva vent’anni soltanto, infatti, che Morgan, il “pirata azzurro”, andò alla Juve mettendosi in fila alle spalle di Peruzzi e di Rampulla. Due stagioni. Quattro presenze in tutto: 3 in campionato e una in coppa Italia, ma comunque l’orgoglio d’uno scudetto e d’una finale di quella che una volta si chiamava Coppa dei Campioni.
Ma non è tanto diversa la sfida degli ex vista e vissuta quest’oggi in casa Juve. Marco Storari, napoletano da giugno del 2002 a gennaio del 2003, arrivò in azzurro assieme a Dionigi, Marcolin, Pasino, Montervino. In quell’anno e un po’ giocò solo quattro volte perché era il secondo di Mancini. Il povero Franco Mancini, che quando non parlava di pallone amava raccontare delle sue estati in barca. Quattro partite e una stagione sola. E per giunta un campionato anonimo da sedicesimo posto in serie B.
Diversa, ma per nascita e sentimenti soprattutto, la storia da ex di Fabio Quagliarella. Lui, napoletano di Castellammare, lui che aveva toccato il cielo con un dito quando s’era infilato nella maglia azzurra, mai e poi mai avrebbe pensato, di dover presto “scappare di casa” perché – come ha poi raccontato – si sentiva “emarginato nel gioco” e si accorgeva che qualche compagno faceva di tutto per non passargli il pallone. Con i sudamericani il “conflitto” dell’attaccante che finì così alla Juve con il marchio ingiusto di “napoletano traditore”. Ecco, come gli è capitato già, toccasse a lui essere oggi in campo, per don Fabio non sarebbe una partita come un’altra. Sarebbe un match da ex, è vero, ma un ex forse ancora terribilmente triste.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.F.
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