«Non è vero che ogni partita è una storia. Prendete Napoli-Inter di Coppa Italia. È vero, per le due squadre è un bivio, ma per il mio amato Napoli è molto di più, a mio avviso è la prova generale di Napoli-Chelsea. Lavezzi e compagni non hanno bisogno di consigli, a quelli ci pensa Mazzarri. Né di stimoli, questi li trovano da soli pensando alla ripresa della Coppa dei campioni. Ma sono convinto che contro la squadra del mio concittadino Ranieri il Napoli giocherà con la stessa determinazione vista nel cosiddetto girone di fuoco, dove si è scottata, addirittura, la corazzata del Manchester City».
Parla Bruno Giordano, l’opinionista televisivo, l’allenatore che smania dalla voglia di tornare in panchina o l’ex partner dei campioni azzurri del primo scudetto?
Tutte queste belle cose insieme, via, e allora cominciamo con il Giordano-allenatore per dodici anni, tra Ancona, Nocerina, Lecco, Catanzaro, Messina e Pisa, sempre a barcamenarsi tra società in crisi e spesso destinate al fallimento.
Partiamo dalla difesa, il Napoli esibisce quella a tre, va bene così?
«Dovrebbe prendere meno gol ma, stranamente, anche se sostenuta da Maggio e Dossena o Zuniga non sembra ben protetta. Francamente non so trovare una spiegazione logica considerando che Campagnaro, Cannavaro e Aronica sono calciatori esperti e di sicura affidabilità. La flessione in fatto di impenetrabilità compromessa è, tuttavia, chiara. Stanchezza? I meccanismi dell’interscambio che in questi casi devono essere quasi perfetti ogni tanto si inceppano. Soprattutto quando la squadra è costretta ad attaccare in massa, quando, cioè, è costretta a fare la partita davanti a un avversario che, avendo imparato bene come gioca solitamente il Napoli, mette anche otto, nove uomini quasi costantemente dietro la linea della palla».
E qui si arriva subito al centrocampo. Inler-Gargano, la coppia è ben assortita?
«Sembra assortita benissimo, direi, e Gargano è semplicemente strepitoso. Quanto a Inler, a parte alcune prove davvero da direttore d’orchestra, a conferma di un valore tecnico di assoluta grandezza, non lo si vede ancora nella continuità».
A Udine, invece, primeggiava quasi sempre…
«Udine e Napoli non sono sovrapponibili. A Udine un calciatore può anche sbagliare due o tre partite, i tifosi lo aspettano con pazienza. A Napoli, davanti a sessantamila spettatori, la situazione è completamente diversa. E poi c’è che nell’Udinese Inler giocava in un centrocampo a cinque, a Napoli è a quattro, bella differenza».
L’attacco?
«Sta facendo bene, i gol li segna sempre, magari qualche volta Cavani non appare in gran spolvero ma, al momento giusto, te lo ritrovi magnifico realizzatore, e il suo apporto di generosità è sempre esemplare. Quanto a Lavezzi non so proprio come faccia a essere sempre così veloce e spesso imprevedibile. Ora con il ritrovato Pandev la prima linea ha un motore in più. Piuttosto non riesco a immaginare in panchina un calciatore che è ritornato alla forma e all’entusiasmo di due anni fa, quando ha vinto tutto quello che c’era da vincere».
Forse, complessivamente, il Napoli accusa un difetto di personalità. Improponibile un confronto con il tuo Napoli, tuttavia rimanendo alla personalità la squadra di oggi ha bisogno di crescere?
«Questo Napoli rispetto al mio Napoli è giovane, la maturità viene dall’esperienza che si accumula. Noi, all’epoca, eravamo, come dire, giocatori fatti. Quando in qualche situazione particolare, per esempio, andavano dall’arbitro Bruscolotti o Bagni o Maradona, difficilmente non facevano valere le ragioni della squadra perché l’arbitro conosceva bene chi aveva davanti in quel momento».
Ultima domanda: l’avventura in Coppa dei campioni:
«Già magnifica e può continuare. Questa volta, scusami, ti rispondo con il cuore».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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