Lo stadio San Paolo perde la connotazione di arena sportiva. I tifosi hanno da tempo perso l’abitudine di andare alla partita indossando la maglia della loro squadra (le ultime immagini in tal senso risalgono ai tempi di Maradona) gli stessi non hanno più l’abitudine di cantare durante i novanta minuti della partita. E il confronto con i tifosi europei è impietoso. La sfida a Bilbao contro l’Athletic ha dimostrato proprio il modo diverso di sostenere la propria squadra, l’attaccamento alla maglia e ai colori che in certe piazze prescinde anche dal risultato finale della partita. Il San Paolo, già stadio diverso strutturalmente dagli impianti europei, è diventato lo sfogatoio autorizzato di malesseri sociali. E non solo. Negli ultimi tempi la casa del Napoli a Fuorigrotta è divenuta anche il tempio per onorare la memoria dei morti. Gigantografie di ragazzi deceduti prematuramente, striscioni dedicati a morti ammazzati o anche a ragazzi vittime di incidenti. Non ci riferiamo certo alla vicenda di Ciro Esposito, il tifoso che ha pagato con la vita gli scontri di Tor di Quinto prima della finale di coppa Italia tra Napoli e Fiorentina all’Olimpico.
Il tributo della tifoseria, della famiglia e anche del club è assolutamente legittimo viste le circostanze della morte e il messaggio di pace della famiglia. Ma l’eccezionalità è diventata una abitudine. Durante Napoli-Chievo almeno quattro le scritte e le foto dedicate a persone scomparse. Davide Bifolco, il ragazzo ucciso al Rione Traiano, è stato ricordato con uno striscione e con cinque minuti di silenzio del tifo. La madre del ragazzo, la signora Flora, ci aveva confessato che Davide era sì tifoso del Napoli ma non andava mai allo stadio San Paolo. Ma in questo caso si può anche comprendere che il gruppo ultrà del Rione Traiano ha sentito l’esigenza di tributargli un ricordo. Se poi però oltre a Ciro e a Davide spuntano dai distinti altre due scritte dedicate ad altrettante celebrazioni di ragazzi defunti e se sulla pista di atletica pure si scorge la gigantografia di un altro ragazzo che ha perso la vita, la riflessione sulla funzione vera del San Paolo è più che legittima. L’arena sportiva diventa tempio per i defunti. E senza toglier nulla all’esigenza di commemorare i propri cari, ci interroghiamo sull’opportunità di farlo in uno stadio. Il dolore per la perdita di un amico, un proprio caro o, in qualche caso, di qualcuno che neanche si è conosciuto, viene urlato silentemente con foto e striscioni. La spettacolarizzazione del lutto: fiori, fotografie e striscioni per ricordare chi non c’è più. Il tutto nel bel mezzo della contestazione alla squadra, ai cori contro De Laurentiis.
fonte: Corriere del Mezzogiorno
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