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Gianni Rivera: «La panchina corta è il limite degli azzurri»

Gianni Rivera conosce Napoli nella sua interezza come forse non accade nemmeno ai napoletani veraci. Nel giro di un anno è stato ospite a Scampia, al carcere minorile di Nisida, a Castel dell’Ovo, al Virgiliano e nei saloni dell’università Parthenope. L’ultima manifestazione in ordine di apparizione ieri a Barra in occasione di un evento legato ai temi della legalità e della solidarietà.

Questa città ormai l’ha adottata?

«A Napoli ho visto tanti posti diversi, ho partecipato a moltissime manifestazioni e riscontro sempre una incredibile vitalità».

Come nel Napoli di Mazzarri?

«È una squadra che sta facendo molto bene».

Ma che perde un po’ troppi punti in campionato.

«È vero».

Secondo lei come mai?

«Per disputare più manifestazioni bisognerebbe avere delle panchine più lunghe, non bastano 13-14 giocatori per due impegni. Sono effettivamente pochi».

Ma può anche essere un problema di equivalenza tra titolari e panchinari?

«Certamente, e poi non credo che gli sforzi si possano dosare perché in campo si scende sempre per vincere. Qualsiasi partita giochi».

Le piace questo campionato?

«Sicuramente è tra i più equilibrati di sempre. È una battaglia che si risolverà soltanto in primavera».

E il Napoli che ruolo potrà ricoprire?

«Lotterà fino alla fine come tutte le altre squadre, così come sta facendo, e molto bene, in Champions. Poi si vedrà a fine stagione il posto che occuperà».

Il gioco di Mazzarri?

«È un ottimo allenatore. Non sta a me giudicarlo ma credo, e la considerazione vale per tutti, che alla fine in campo ci vadano i giocatori. Sono loro che segnano e determinano il risultato».

Questione di piedi, insomma.

«Esattamente, se non ci sono i piedi buoni non si va da nessuna parte ed il Napoli di piedi buoni ne ha».

Lavezzi, Hamsik, Cavani.

«Grandi giocatori, senza dubbio».

In un calcio così fisico la stupisce il rendimento di Pirlo?

«No, assolutamente, è la conferma che quando sai giocare a pallone non hai problemi, anche in un campionato così duro come è quello italiano».

Come si gestisce il turnover tra tanti campioni?

«Beh, io quelli bravi li farei giocare sempre tutti insieme. Non è problema né di ruolo, né di abbondanza. Si capiscono tra di loro».

Non ha mai giocato nel Napoli per scelta o perché non se ne è mai presentata l’occasione?

«Se lo avessi fatto il Napoli avrebbe stravinto tutto e allora c’era bisogno di qualcuno che lo contrastasse».

Lei è presidente del settore giovanile della Figc, cosa dice ai ragazzi quando li incontra?

«Che molti vogliono fare il calciatore, ma che pochissimi arrivano a vestire le maglie dei grandi club. Nella vita, però, esistono tante attività che ti permettono di diventare ugualmente campione».

A Napoli per una manifestazione sullo sport e la legalità. Con che spirito riparte?

«Con quello di chi ha visto dei ragazzi che prima di tutto hanno sopportato pazientemente tanti discorsi e poi con la voglia di lanciare un messaggio che attraverso lo sport si imparano anche le regole della vita quotidiana che sono poi i fondamentali del vivere civile che servono tanto agli adulti quanto ai bambini».

 

La Redazione

P.S.

Fonte: Il Mattino

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