«Io non ho mai inguaiato nessuno. Non ho mai confessato nulla, né al tribunale di Napoli né in Procura federale. Ho solo dovuto ammettere, e dopo sette ore di interrogatorio, che quello che avevo raccontato a un poliziotto che credevo un amico mio e del Napoli, era vero». L’ex portiere del Napoli Matteo Gianello racconta la sua verità.
La sua è stata una confessione pro patteggiamento?
«No. Ho detto il vero e sono stato trattato come un bandito, messo da parte da tutti. Sono stato tradito da quel poliziotto che credevo fidato. È stato lui, con quello che ha scritto, non certo io, a gettare fango sull’immagine del Napoli in questi mesi».
Ma lei qualche errore l’avrà commesso?
«Ho avuto un’esitazione, ho travolto il mio senso etico dicendo di sì alla richiesta di Giusti. Ma l’ho fatto solo per togliermelo di mezzo, perché ero stufo delle sue continue telefonate. La mia condotta morale fino a quel giorno è stata sempre esemplare».
Viene descritto come uno scommettitore incallito?
«Solo menzogne, mai giocato in vita mia. Sono state dette tante fandonie sul mio conto: io guadagnavo bene e mi bastavano i 200mila euro all’anno dell’ingaggio»
Quali le menzogne?
«Per esempio che quel poliziotto era uno che veniva a cena da me. Non è mai successo. Avremmo cenato sì e no tre volte ma in qualche locale. E c’erano anche altri miei compagni di squadra. Figurarsi se lo invitavo ai festini, che tra l’altro non ho mai organizzato».
Il linguaggio criptato che usava al telefono?
«Mi ero fatto prendere la mano… Giusti parlava così e io facevo la stessa cosa».
Cosa è successo prima della gara con la Samp?
«Ho fatto una cosa stupida. Sono andato nello spogliatoio e ho detto quelle cose a Cannavaro e Grava. Un attimo dopo mi ero già pentito. Appena mi hanno mandato a quel paese mi sono detto: “che cosa idiota che ho fatto”. Non mi sono dato pace. Ho raccontato l’episodio al poliziotto che mi stava sempre dietro e il 15 giugno del 2010 mi chiama Fassone, allora dg del Napoli, per dirmi che devo andare in Procura con un avvocato. Da quel momento in poi il Napoli mi ha tagliato: e pensare che stavamo trattando il rinnovo del contratto».
Cannavaro e Grava l’hanno denunciata...
«Sì, l’ho letto. Non mi hanno mai cercato, né io ho cercato loro. Mi spiace: tra noi c’era una bella amicizia».
Nessuno ha avuto parole dolci per lei?
«Certo, mi ha ferito Mazzarri: ha detto di me che ero un lavativo, uno svogliato. Lui nemmeno mi guardava, una volta mi chiamò Gualdaben perché neppure conosceva il mio nome. Con lui se non sei un titolarissimo neppure esisti».
Poi?
«Con De Sanctis eravamo quasi fidanzati, nel senso che gli allenamenti li facevano insieme, da inseparabili… Di me dice ora che non sono una persona genuina: mi fa male sentirlo dire, poteva stare in silenzio».
Ha mai ricevuto minacce?
«Una volta su Facebook è comparso un profilo che mi minacciava di morte, l’ho denunciato alla polizia postale e non so se lo hanno cancellato».
Il Napoli?
«Mi spiace per De Laurentiis, io alla società ho dato il mio cuore e non ho mai fatto nulla per danneggiare il Napoli».
Pino Taormina per “Il Mattino”
La Redazione
P.S.
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