Probabilmente, per molti, resta solo un brutto ricordo quel burrascoso Natale del 2012, quando esplose il “caso Gianello”. Un fulmine a ciel sereno che colpì il Napoli ed i napoletani. Una vicenda che, dopo l’iniziale squalifica e i due punti di penalizzazione inflitti alla squadra allenata da Mazzarri, si concluse con la totale assoluzione di Paolo Cannavaro e Gianluca Grava nonché la restituzione dei due punti al Napoli, all’epoca in corsa per la qualificazione Champions. Solo successivamente, per Matteo Gianello, è arrivata l’assoluzione. Dopo sette anni in azzurro, tuttavia, quasi nessuno è riuscito a perdonargli quell’errore che poteva essere fatale al Napoli e gettare un’onta sulla squadra azzurra. “Una leggerezza pagata a caro prezzo, a mie spese“: inizia così la lunga intervista che l’ex numero uno azzurro ha rilasciato in esclusiva a CalcioNapoli24 alla vigilia della sfida tra Verona e Napoli.
Una sfida che lo vide protagonista in quell’1-3 del 2008 dove parò praticamente di tutto e si inchinò soltanto ad una staffilata di Pulzetti. Tra presente e passato, Gianello rompe il silenzio e sceglie di tornare a parlare di un momento difficile della sua vita, con la consapevolezza che rivivere quei momenti farà ancora più male, ma l’amore nei confronti del Napoli e dei napoletani è indelebile e non tirarsi indietro non può che onorare la sua persona.
I fatti sono noti, così come l’assoluzione. Come hai vissuto quel periodo? Ora come stai? Non è semplice ripartire dopo un terremoto del genere…
“Da queste situazioni è difficile uscire, ci vuole tanta forza. Non voglio togliere il merito anche alle persone che mi sono state vicino, ma in tutta onestà si è da soli quando succedono queste cose e bisogna uscirne da soli. Non si tratta di presunzione, ma il dolore interiore l’ho sentito io e mi sono rialzato da solo. Ho dovuto rialzare la testa, se fossi stato condannato non avrei potuto né allenare né giocare. Io sostanzialmente ne sono uscito pulito, a livello sportivo sono stato assolto. Ne sono uscito con le mie forze, con la mia depressione, con la mia paura di non farcela, con la paura di non risollevarmi. C’è voluto tempo per rialzarmi, ma ce l’ho fatta”
Questa seconda vita sportiva e professionale di Matteo Gianello da dove ricomincia?
“Non è facile, per un portiere, smettere già a trentacinque anni e soprattutto smettersi portandosi addosso quel marchio che mi accompagnerà per tutta la vita. Ma ho pagato per il mio errore, ho fatto del male solo a me stesso per una leggerezza. Quest’anno ho ricominciato con una società del mio paese. E’ un club dilettantistico che ha stretto anche una collaborazione con un club di Serie A: mi hanno affidato tutte le categorie di portieri, dai più piccoli alla prima squadra. Io sono ripartito da qui, lo devo a me stesso e alla mia famiglia. Sono stato davvero male, pensando cose anche brutte, ma ho trentanove anni e il calcio è la mia vita. Non so se e dove arriverò ma l’importante è essere ripartito. Posso dirti che i ragazzi sono entusiasti agli allenamenti, che non hanno mai saltato una seduta e pochi giorni fa il club mi ha chiesto ulteriore disponibilità per proseguire con loro. Il calcio richiede risultati, il mio compito è quello di far crescere i ragazzi e gli attestati di stima finora ricevuti sia dallo staff che dai genitori dei ragazzi fanno molto piacere”
Sette anni con la stessa maglia, quella del Napoli. Poi, in un attimo, si cancella tutto. Hai avuto modo di poter chiarire con i tuoi ex compagni Cannavaro e Grava?
“Non c’è mai stata l’occasione. Probabilmente neppure la volontà da entrambe le parti. Dubito ci sia mai questa occasione, io non li ho mai cercati. Adesso viviamo ad una distanza notevole. Indubbiamente, umanamente, dispiace. Ma come già dicevo prima in queste occasioni si rimane soli. I rapporti d’amicizia che restano tra calciatori sono rari come le mosche bianche. Io ho sbagliato, me ne sono preso le responsabilità ed ho pagato per quanto accaduto. Credo che le persone intelligenti vadano oltre l’episodio in sé. Loro non ci hanno rimesso nulla e io ci ho rimesso quasi tutto, ma i miei sette anni a Napoli non si cancellano con un colpo di spugna. Così come è difficile non tirare fuori l’argomento quando si parla di Gianello”.
Matteo, voglio strapparti un sorriso: lo sai che a margine della prima decisione sulla ruota di Napoli uscì il terno coi vostri numeri 28, 2 e 22?
“No, non lo sapevo. Però almeno spero che qualcuno ne abbia tratto almeno profitto economico. A Napoli si è molto scaramantici e in certe cose ci si crede, non faccio fatica a credere che qualcuno abbia scelto quei numeri. Io ho perso ogni tipo di contatto col mondo napoletano, fui costretto a cambiare numero di telefono per le troppe minacce”
Non hai mai più sentito nessuno dei tuoi ex compagni?
“Gli amici che mi sono rimasti a Napoli, tifosi del Napoli, non ex compagni di squadra o persone dell’ambiente, sono davvero pochi. Si contano sulle dita di una mano quelli che mi chiamano e mi chiedono come sto. Si contano sulle dita di una mano, ma del club non ho mai più sentito nessuno”
Qualche tempo fa chiedemmo di te al Pampa Sosa che rispose spendendo belle parole…(VEDI QUI)
“Non ne ero a conoscenza: io ho un ricordo molto positivo del Pampa, oltre ad un ottimo calciatore è una grande persona e mi fa piacere sapere che lui abbia speso buone parole per me”
Facendo un tuffo nel passato, cosa accadde quella sera prima di Benfica-Napoli? Reja era furioso per un presunto festino organizzato da Lavezzi ed i sudamericani…
“Io non ne so nulla, di certo non ero con loro. Non so se ci sia stato realmente o meno. Io ero così contento ed entusiasta di poter giocare che non ho pensato ad altro quella sera. Fu un’emozione grandissima scendere in campo”.
Volendo allargare un po’ il cerchio della nostra conversazione, come lo vedresti il ritorno del Pocho in questo Napoli?
“Solitamente non ci credo ai ritorni. Il Napoli ormai è una realtà stabile a livello europeo ma anche Lavezzi è maturato ed è un giocatore che sta dimostrando ancora tanto. Probabilmente, in questo caso, con più esperienza farebbe ancora meglio al Napoli perché più maturo anche a livello di esperienza europea. Bisogna vedere anche se rimarrà Benitez”.
Tu hai vissuto la gestione Mazzarri, che differenza c’è si nota con Benitez?
“Mazzarri era maniacale con i tre difensori e si adattava molto agli avversari cercando di annullare le caratteristiche dei singoli o del collettivo della squadra dell’avversario. Benitez è un allenatore che impone il proprio modulo ed il proprio tipo di gioco a prescindere dalla formazione avversario. Benitez va in campo e prova a vincere la partita con quello che è il potenziale della propria squadra e sappiamo che ha un altissimo potenziale. Non che Mazzarri con Hamsik, Cavani e Lavezzi non ne avesse ma nel complesso la squadra di Benitez, su 20 elementi, possiamo dire che sia una squadra di calibro internazionale. Quasi tutti i giocatori sono da nazionale. Poi c’è Higuain che, con Callejon, ha giocato nel Real Madrid. Stiamo parlando di grandi giocatori, Benitez ha giocatori da un potenziale davvero importante. Non dimentichiamoci di Insigne e Mertens, anche”
Dove può arrivare il Napoli con Benitez? Se rimanesse anche l’anno prossimo, ovvio…
“Il Napoli ha avuto la sfortuna di incappare in una Juventus che da non molla da quattro anni e che non smette di vincere, ha una mentalità che il Napoli non ha. Probabile che con due giocatori di livello possa colmare la distanza ma sono anni ormai che la squadra è stabile nelle prime posizioni. Nel corso degli anni ha posto le basi affinché possa finalmente vincere. Lo scorso anno ha trovato una Roma piena d’entusiasmo e non è riuscito ad arrivare secondo, ma credo che il prossimo anno sia importante per il Napoli, adesso ha una squadra davvero forte e compatta”
Ed in Europa League, invece?
“Credo che questo Napoli possa competere almeno fino alla finale di Europa League e credo che possa vincere la competizione europea. Anche se dovremmo essere un po’ più scaramantici però col potenziale in campo può arrivare in fondo…”
Poco fa parlando dei campioni del Napoli hai annoverato Insigne tra i giocatori più rappresentativi del Napoli: lo hai visto quando ancora militava nelle giovanili, ti aspettavi arrivasse a questi livelli?
“Lorenzo, così come Maiello e Ciano, ha svolto con noi l’ultimo ritiro prima di partire in prestito al Foggia, per poi passare al Pescara. Si vedeva che aveva delle qualità importanti. Credo che nei due anni con Zeman sia cresciuto sia tatticamente che tecnicamente. E’ arrivato sotto la guida con un bagaglio già importante ed è migliorato ulteriormente fino a diventare fondamentale sia per il Napoli che per la Nazionale. E’ riuscito a cogliere le occasioni giuste per potersi ritagliare il suo spazio”.
Parlando di spazi, come può invece un portiere riuscire a ritagliarsi uno spazio quando non è il titolare?
“Il ruolo del portiere è diverso dagli altri dieci che vanno in campo. Quando si dice che ad un portiere faccia piacere restare in panchina è una grandissima cazzata. Il portiere vive da solo anche in campo ma si allena perché vuole giocare sempre. Poi ci sono delle situazioni in cui bisogna fare delle scelte. Chi sa che resterà in panchina e giocherà al massimo 3-4 partite, deve accettarlo anzitempo altrimenti è dura. E’ capitato anche a me di accettare, in determinate circostanze, di restare sempre in panchina. E’ difficile allenarsi con costanza e dedizione tutta la settimana ed arrivare alla domenica sapendo già che si resterà in panchina. Non so come la pensi Benitez, non sappiamo se ad inizio anno abbia chiarito a Rafael e Andujar chi fosse stato primo chi il secondo. Ci si aspettava che il secondo, Andujar, giocasse sin dall’inizio le altre competizioni, ma ho visto che almeno fino a gennaio ha sempre giocato Rafael. Credo che, se Benitez avesse creato competizione sin dall’inizio anche tra i due portieri, probabilmente adesso si alternerebbero senza che uno o l’altro si sentisse escluso. Credo che Benitez abbia già deciso che Andujar arriverà fino alla fine del campionato. Un allenatore ci mette la faccia nelle scelte che fa, deve portare dei risultati a prescindere dalle pressioni, non può tener conto di cosa dicono gli altri. Benitez è un allenatore esperto ed ha gestito sicuramente nel migliore dei modi”
A proposito di risultati, oggi c’è Verona-Napoli: come ci arrivano gli azzurri?
“Il Napoli ci arriva sicuramente bene, ha avuto una grande reazione dopo il gol subito a freddo dalla Dinamo Mosca. Anche con l’Inter, dopo la sconfitta di Torino, ha dominato per settanta minuti, adesso al di là del risultato gli azzurri stanno bene fisicamente. Con l’Hellas è sempre difficile, ma non solo per il Napoli, in generale rappresenta un campo ostico. E’ una partita difficile, il Napoli ha bisogno dei tre punti per mantenersi nella scia, il Verona credo ne abbia bisogno per la salvezza ma probabilmente servono di più agli azzurri. La squadra in casa è molto forte e compatta, ne uscirà una bella partita”.
A proposito di tifosi, senza voler generalizzare o estremizzare: c’è una frangia della tifoseria gialloblu che spesso e volentieri passa agli onori della cronaca per fatti deprecabili da condannare. Da ex azzurro ma anche da veronese cosa vorresti dire ai tifosi?
“Allo stadio si va per tifare, se è il caso fischiare, ma da condannare ogni forma di espressione offensiva nei confronti di chi ha subito una tragedia, come purtroppo è successo. Bisognerebbe lasciar fuori dal calcio ciò che non è il tifo per la propria squadra. E’ una partita di calcio e tale deve rimanere. Però ci tengo a dire che si tratta sicuramente di un gruppo ristretto che ormai continua in questa brutta abitudine. Anche io ho perso mio papà tanti anni fa e so che quando si augura la morte o la sofferenza agli altri non è affatto bello”
Il cuore è diviso a metà, ma tra Verona e Napoli dove penderà?
“A Napoli ho trascorso un terzo della mia carriera, probabilmente gli anni migliori, dispiace aver lasciato il calcio con questo macigno. Che vinca il migliore (ride, ndr)”
Visti i fatti accaduti, in tutta onestà, non credevo di trovare una persona ancora innamorata del Napoli, immagino tu voglia rivolgerti direttamente ai tifosi azzurri…
“Al vero tifoso azzurro, quello che ama la maglia e la squadra a prescindere da tutto, posso dire che mi possono odiare, mi possono “schifare” come si dice lì da voi, possono augurarmi il male peggiore, ma vorrei che capissero che i sette anni vissuti a Napoli non me li può togliere nessuno. Possono anche cancellarmi dall’almanacco, dalla storia del Club, dall’album di figurine Panini ma io ho vissuto a Napoli intensamente, nel mio piccolo ho dato tutto quello che potevo per la maglia azzurra. Questo nessuno potrà mai togliermelo. Il vero tifoso lo capisce e lo apprezza, magari non lo dice perché resta quell’idea che io volessi rovinare il Napoli. Ma non ero nessuno per poterlo fare e non è mai stata mia intenzione fare del male alla società. Ho commesso una leggerezza e ne ho pagato solo io le conseguenze, come è giusto che sia. Spero che un domani quando tornerò nella città che tuttora amo ed in cui sono stata benissimo, non mi neghino un sorriso. La giustizia seppur lentamente ha fatto il suo corso e la sentenza penale spero possa far ulteriore chiarezza. La verità è che io non volevo rovinare nessuno, una leggerezza che poteva costare cara ma è costata cara solo a me. Troppe cose non veritiere sono state dette e spero che, sebbene io abbia voltato pagina, il processo penale ancora in corso possa dare ulteriore dimostrazione di come siano andate le cose”.
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