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Gianello e il calcioscommesse: serve un’operazione di verità

Dopo un Estate torrida trascorsa a versare fiumi d’inchiostro in merito alla vicenda Hamsik, Napoli si apprestano a vivere una Primavera che di mite ha solo i fasti passati: parimenti alle condizioni meteorologiche avverse, si appresta a far scorrere brividi lungo la schiena di tutti gli appassionati azzurri. Va reso merito a chi ha servito la propria “vendetta fredda”, inserendo in prima pagina uno stralcio d’interrogatorio che tocca da vicino il club di De Laurentiis: lungi dal voler essere pedagoghi, ma una distensione dei toni quando si tengono conferenze, e una apertura al confronto equa verso tutti i media, andrebbe osservata.

Ritornando a bomba, il tema di questo articolo vede l’indagato Matteo Gianello, ex tesserato azzurro, e la contemporanea responsabilità oggettiva del Napoli per omessa denuncia. Cosa è veramente la responsabilità oggettiva? Dicasi responsabilità oggettiva “La situazione in cui il soggetto può essere responsabile di un illecito, anche se questo non deriva direttamente da un suo comportamento e non è riconducibile a dolo o colpa del soggetto stesso.” Pertanto essere colpevoli d’innocenza! Convinti che le indagini faranno il proprio corso, dovendo essere raccolte prove, reali e concrete, di colpevolezza e di responsabilità, vediamo come la vicenda tocca da vicino i tesserati del club. I “soggetti giuridici” in questione sono tre: Matteo Gianello, Paolo Cannavaro e Gianluca Grava. Il primo è indagato nello scandalo “calcio-scommesse” per aver tentato di combinare il match tra Sampdoria e Napoli  del 16 Maggio 2009; gli altri due sono stati tirati in ballo dal reo confesso, senza specificare almeno fin’ora nessuna prova concreta (come confermato dal suo avvocato clicca qui per leggere), per aver rifiutato questa riprovevole azione. Ci si aspetterebbe un encomio, un premio per questi ragazzi che hanno rifiutato di divenir complici dello scandalo, forse, più squallido che possa aver toccato il calcio. Lo scandalo che uccide il gioco stesso e vanifica i sacrifici di chi è presente ogni santa domenica a sostenere la propria squadra; di chi crede ancora alla veridicità delle partite stesse e nella bontà dell’errore arbitrale. Chi denuncia gli illeciti, come Pisacane e Farina, va premiato e a furor di popolo insignito di onorificenza: medaglia al valore e quasi investitura di cavaliere dello stato! E chi invece ci ha riso sopra e detto tra amici: “Ma sei pazzo?”, va punito per essere responsabile oggettivamente? Ma stiamo scherzando? Che nel calcio vi fosse bisogno di pulizia, lo gridiamo da tanto tempo; ma ora scopriamo che  bisogna chiarire anche il Codice Penale e di Giustizia Sportiva! È inammissibile che una qualsivoglia società, debba pagare per gli illeciti di un proprio tesserato, specialmente poi se gli stessi non sono andati a buon fine e no non hanno alterato alcun risultato. La retroattività in determinati ambiti non può essere contemplata, specialmente se poi si vuol fare un processo all’intenzione! L’assurdità è che chi dovrebbe esser premiato o comunque sostenuto in questa circostanza, leggasi Cannavaro e Grava, venga additato facilmente e bollato come venduto, dai meno attenti lettori e tifosi. Quello che si chiede è rispetto: nei toni, nei dialoghi e nelle professioni. Chi è presidente amministri, chi è giudice indaghi, chi è giornalista scriva. Per determinate situazioni c’è bisogno di tempo e a nulla serve un processo mediatico che alimenti rivalse personali. In questo scandalo si è tutti vittime, almeno lo sono i nostalgici del calcio giocato alle 15 con radiolina nelle orecchie e schedina nelle mani.

A cura di Francesco Gambardella

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