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Ghiggia tifa Cavani: «Simbolo dell’Uruguay»

Il fuoriclasse: «Edinson la punta Che mi piace più di tutti e il Napoli può vincere a Firenze»

Alcides Ghiggia fino a ieri era il giocatore più famoso in Uruguay. Fino a ieri. Perché oggi il suo primato è seriamente insidiato da quell’Edinson Cavani che sta tenendo alto il nome della Celeste in giro per il mondo. Eppure l’immagine di Ghiggia, oggi ottantaseienne distinto signore che guarda il calcio con intatta passione, è indelebile nella storia del calcio. Nel 1950 fece piangere una nazione intera segnando al Maracanà di Rio il gol che condannava alla sconfitta il Brasile nel mondiale di casa, consegnando così all’Uruguay una storica vittoria. Il match finì 2-1 e Ghiggia, già eroe in patria, anni dopo è stato celebrato anche in Brasile.

Dica la verità teme che Cavani diventi più famoso di lei?
«Lui è un ottimo giocatore, un capocannoniere, ma è soprattutto una grande persona. L’ho incontrato in occasione del mondiale in Sudafrica. Per me è uno dei più grandi uruguaiani che esistono, ha condizione, può giocare un buon calcio, gli piace le rete, è capocannoniere. Dei nostri giocatori Cavani è quello che mi piace di più».
C’è un giocatore dei suoi tempi paragonabile a Cavani?
«C’era un centrattacco, si chiamava Oscar Miguez, e ho giocato assieme a lui nel “Sud America”. Poi siamo andati insieme al Peñarol. Lo consideravo un fratello».
Con la Roma, con cui ha giocato dal 1953 al 1961 ha vinto la Coppa delle Fiere; con il Milan uno scudetto nel 1962. Dove si è trovato meglio?
«Decisamente a Roma perché ci sono stato più anni e la città è anche più bella. A Milano, però, ho avuto modo di giocare con Rivera, Maldini, Trapattoni, Altafini».
Ha indossato anche la maglia dell’Italia come oriundo.
«Mio nonno paterno era piemontese. Sono stato chiamato per la Nazionale ed è stata una grande gioia e un onore di poter difendere quella maglia. Purtroppo però fallimmo la qualificazione ai mondiali del ‘58».
Ci racconta il gol che l’ha consegnata alla storia?
«Al Brasile bastava il pari. A noi dicevano di non preoccuparci in caso di sconfitta. Ma noi ci credevamo. In occasione del gol del pareggio servii l’assist vincente a Schiaffino dalla stessa posizione. Il portiere, pensando facessi la stessa cosa, si allargò così di quel tanto da lasciarmi un varco a fil di palo. Lo beffai. Decisi cosa fare in un secondo e la storia cambiò. Anni dopo ho nuovamente incontrato Barbosa. Li sono fanatici e so di avergli reso la vita impossibile».
Famosa è rimasta una sua frase: tre persone hanno zittito il Maracanà…
«Una volta ero in Brasile, e nel corso di una intervista mi è venuta in mente quella frase rimasta nel tempo. Tre persone hanno zittito il Maracanà: il Papa, Frank Sinatra ed io».
Com’era il Napoli dei suoi anni?
«Una squadra da quinto-sesto posto. Ebbi modo di conoscere la città, bellissima. Lo stadio nuovo molto confortevole e poi amici con i quali avevo giocato a Roma. Anni stupendi».
Vede il Napoli in televisione?
«Certo».
Che ne pensa?
«Ottima squadra e ottimo allenatore, possono fare davvero bene anche domani a Firenze».
La sua Roma ha perso 4-1 al San Paolo, una brutta sconfitta.
«Si l’ho vista, ma credo che la partita sia stata preparata male».
Se dovesse andar via da Napoli, pensa che il Real Madrid possa essere la squadra adatta per Cavani?
«Tutto dipende dell’allenatore che trova. Il Real Madrid oggi è pieno di individualità ma non gioca da squadra. Edinson ha bisogno di chi enfatizza lo spirito del team».
Un saluto ai tifosi napoletani?
«Con grande piacere. C’era una frase che diceva: “Vedere Napoli e dopo morire”. Un grande saluto al popolo del Napoli e mi congratulo con loro perché hanno una buona squadra e un grande uomo come Cavani».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

M.V.

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