Caro Direttore, come coprogettista dell’opera sono profondamente indignato e allibito dalla decisione del sindaco de Magistris e del presidente De Laurentiis di realizzare il nuovo stadio del calcio sulle “ceneri del San Paolo”. La mia mente vacilla al pensiero di una simile follìa. In primis et ante omnia, il sindaco non è “il proprietario” dello stadio e non può disporne a suo piacimento. Appartiene alla città, la quale si è espressa, attraverso Raffaele Bertoni, Mimmo Carratelli, Andrea Geremicca, Benedetto Gravagnuolo, Nino Daniele, Aldo Masullo, Michele Serio, Giancarlo Cosenza, Enzo Giustino, Nicola Pagliara, Mario Pasquino, Vittorio Paliotti, Massimo Rosi, Max Vajro e lo scrivente, per l’immediato smontaggio della oscena gabbia di ferro dell’inutile copertura che l’avvolge e lo stravolge dai Mondiali 90 e per il suo recupero come struttura di quartiere per le quotidiani attività sportive della gioventù napoletana e per le manifestazioni nazionali e internazionali di atletica leggera. E si è espressa a favore di un nuovo stadio nell’area metropolitana per evitare che il traffico di persone e di mezzi continui a rendere caotico l’assetto urbanistico di Fuorigrotta e ad abbassarne la qualità della vita. In secundis, visto che il presidente De Laurentiis assicura che “le risorse finanziarie ci sono”, viene da chiedergli perché non si comporta come la Juventus, che ha costruito il “suo” stadio con i fondi della società, e non fa come l’Inter, l’Udinese e la Fiorentina, che, con le loro disponibilità economiche, si accingono a costruire i “loro” stadi, imbottiti di ristoranti, bar, discoteche, cinema e delle altre attrezzature necessarie per renderli fruibili anche nei giorni in cui non si gioca al calcio? In tertio, non condivido l’affermazione che “senza il Napoli il San Paolo non ha ragione d’essere”. La pensa diversamente anche la Soprintendenza ai beni architettonici di Napoli e Provincia secondo la quale “Per la essenzialità della concezione, che coniuga felicemente gli aspetti strutturali e quelli espressivi in una sintesi assoluta, per la coerenza delle finiture a faccia vista del cemento armato, che colloca l’opera nella corrente internazionale del “brutalismo”; per i grandi setti portanti a sezione variabile; per la originalità delle scale di accesso alla gradinate, l’opera può essere messa in relazione con la migliore produzione architettonica italiana e internazionale. Essa costituisce un importante momento in relazione alla storia dell’arte e della cultura meridionale e merita di essere inserita a pieno titolo tra i beni contemplati dal Dlg. N.42 del 22 gennaio 2004”. In ultime, mi lasci dire che solo in questa disgraziata città accade che un sindaco ne decide le sorti senza avvertire la necessità, l’utilità, la convenienza di consultare i cittadini. Ne prevede l’obbligo la Conpavenzione di Aarhus.
La Redazione
M.V.
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Ok Notizie (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pocket (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Altro