Il destino è davvero bizzarro, ma per chi avesse dubbi basta dare un’occhiata alla storia calcistica di Mario Faccenda. Ischitano di nascita, è cresciuto a Ceprano, ha giocato col Genoa e nel 1982 ha segnato al Napoli l’unica rete festeggiata dal pubblico del San Paolo. Ma come se non bastasse con lo stesso gol condannò il Milan alla Serie B, quasi fosse una vendetta della sorte visto che proprio contro i rossoneri si infortunò cinque giornate prima perdendo lo scontro-salvezza. Da quel fatidico 16 maggio del 1982 i cori e i tamburi del tifo partenopeo hanno segnato il passo del gemellaggio più longevo d’Italia, quello tra napoletani e genoani. Molti i motivi, tutti buoni, per legare per sempre le gesta di Mario Faccenda alla storia non solo di due squadre, ma all’amicizia di due tifoserie che ancora oggi si stringono nel ricordo di quel gol di controbalzo. «Rientravo da un infortunio e mister Simoni mi tenne in panchina fino a 10 minuti dalla fine – così l’ex difensore rossoblù ricorda quel 16 maggio al San Paolo -. Ero a Napoli ma i tifosi gridavano forza Genoa, per noi era davvero un’atmosfera surreale e mai avrei pensato di entrare nella storia di quella partita». Ad un tratto, infatti, arrivò l’intuizione e forse una piccola profezia di Gigi Simoni che guardò il suo giocatore, lo avvicinò e gli disse “Entra e segna”. Forse fu solo l’ultima speranza di un allenatore che stava sprofondando in Serie B. «Era il 79’ e finalmente ritornai in campo dopo cinque giornate di stop forzato per una minifrattura alla testa del perone rimediata contro il Milan – racconta Faccenda -. Sapevo che quei dieci minuti rappresentavano un’intera stagione. La partita a Napoli iniziò più tardi rispetto agli altri campi e quasi allo scadere sapemmo che il Milan aveva vinto a Cesena. Sembravamo spacciati, ma sostenuti dal pubblico azzurro credevamo ancora nell’impresa. Eravamo sotto 2-1 e a noi bastava un pareggio per restare in Serie A». Secondi interminabili per la squadra rossoblù che trovarono il loro epilogo al 92’, e Faccenda ne fu il protagonista: «Castellini sbagliò mettendo la palla in angolo. Dal corner la palla fu spizzata da Russo ed io di controbalzo la misi tra palo e portiere. Che gioia». Ancora oggi è possibile scorgere l’emozione mal celata dalla sue parole: «Era incredibile, tutto il San Paolo scoppiò in un boato liberatorio. I tifosi festeggiavano la retrocessione del Milan e noi la nostra salvezza, ma l’abbraccio fu unico. Ovviamente i calciatori del Napoli rientrarono negli spogliatoi mentre noi restammo ancora per svariati minuti in campo per condividere la gioia con gli spalti». A salvezza acquisita non poteva mancare il “Te l’avevo detto” di Gigi Simoni: «Si avvicinò e mi abbracciò, se ho segnato quella rete in parte lo devo anche a lui. La scelta del cambio a pochi minuti dal triplice fischio e la previsione del gol sono cose che solo un allenatore del suo calibro può fare – conclude Faccenda». Spesso reti più belle e spettacolari vengono dimenticate, ma questa appena raccontata dal suo stesso autore è scolpita nella mente di ogni supporters napoletano e genoano. Da quel giorno di anni ne sono passati quasi trenta e quell’abbraccio tra tifoserie opposte rappresenta il timbro su di un gemellaggio sempre vivo e che si rinnova partita dopo partita. Anche domani.
Fonte: Il Roma
La Redazione
M.V.
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