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GDS – Ma dov’è il fair play? Conti in rosso dall’Inter al City. Napoli esempio positivo

 

Ve l’immaginate una Champions senza le squadre di Manchester e di Milano, senza Chelsea e Barcellona? Fantascienza. Eppure se le regole del fair play finanziario dell’Uefa fossero entrate già in vigore succederebbe proprio questo. Facile obiezione: c’è ancora tempo per rimediare, visto che il panel guidato dall’ex premier belga Dehaene comincerà a controllare solo i bilanci in chiusura nel 2012. Vero, però i conti di diversi club europei sono messi così male che servirebbe una cura da cavallo per rimetterli a posto. E invece, salvo qualche eccezione, le spese per trasferimenti e ingaggi non accennano a diminuire. Spiega Riccardo Raffo, partner Deloitte: «Continuano a esserci società con forti passivi che spendono e spandono. Le tedesche hanno i bilanci in ordine, in Italia si è entrati in una fase di austerity, ma altrove si vive al di sopra delle proprie possibilità. Non è escluso che i grandi club tentino di rinviare le tempistiche di applicazione del fair play».

Scenario negativo La nostra simulazione si basa sugli ultimi bilanci disponibili. Visto che il primo step sarà biennale, abbiamo preso in considerazione due esercizi (quelli chiusi nel 2009 e nel 2010) e aggregato i risultati netti, cioè la differenza tra costi e ricavi, con un’avvertenza: l’Uefa non prenderà quel dato nudo e crudo ma lo depurerà dalle spese virtuose (stadi e vivai). Il deficit massimo consentito è di 45 milioni? Bene, sette società sarebbero out: Valencia, Barcellona, Milan, Man Utd, Chelsea, Inter e Man City. Alcune di esse sono proprio nei guai, nel senso che lo squilibrio è talmente forte che non ci si può immaginare una via d’uscita. Ciò che stupisce è la nonchalance dei «nuovi ricchi», che aprono i portafogli come se il fair play finanziario fosse uno scherzo. Quei massicci investimenti che gli ex mecenati Moratti e Berlusconi non sono più disposti a fare manderanno in sollucchero i tifosi ma diventeranno delle zavorre per i bilanci. Prendete il City. Nell’ultimo biennio ha accumulato un rosso di 249,5 milioni di euro, e l’esercizio di quest’anno è previsto in peggioramento rispetto al -143 del 2010. Nonostante questo Mansour continua a spendere: 60 milioni sul mercato estivo. È vero che l’ingresso in Champions aumenterà le entrate ed è altrettanto vero che il mega-accordo con la Etihad Airways garantirà un extra annuo di quasi 50 milioni. A proposito, ci aspettiamo che l’Uefa tenga le antenne dritte perché la partnership puzza di bruciato, visto che la compagnia aerea è imparentata con lo sceicco: le sponsorizzazioni non si possono gonfiare, c’è l’obbligo di assegnargli il «fair value», cioè il giusto valore, in linea col mercato. E comunque questi escamotage non bastano. Stessa magnificenza nel Psg: Al Thani ha già speso 83 milioni per gli acquisti,mase i costi lievitano addio sogno Champions.

Abbasso gli stipendi In Europa i modelli positivi, dall’Arsenal alla new entry Napoli, non mancano ma nel complesso la situazione non è affatto buona. Perché il sogno di Platini («non si può spendere più di quanto si incassa») si avveri, i grandi club dovrebbero siglare un patto tra gentiluomini e calmierare gli stipendi. Una bella sforbiciata del 30-40%. Utopia? Pare proprio di sì.

Fonte: Gazzetta dello Sport

La Redazione
S.D. 

 

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