Calciomercato in Sudamerica: nel 2010, la fuga dei talenti ha prodotto un volume di affari da 1 miliardo di euro. E cresce la tratta dei minori, con il saccheggio nelle giovanili: “Necessario per salvare il calcio argentino e brasiliano
La fiera dell’Ovest vale un miliardo di euro. Il supermarket del Sudamerica oggi è illuminato a festa, ma quando si spegneranno le luci della Coppa America, saliranno i numeri, aumenteranno gli ingaggi, esploderà il fatturato. Market a porte aperte in Argentina: da dove Ricky Alvarez è stato l’ultimo a partire (per l’Inter), Erik Lamela lo ha seguito pochi giorni dopo (destinazione Roma). Dna argentino, in tasca la patente per lanciare oltre il muro del possibile i sogni di migliaia di tifosi. Benvenuti nel giardino di Buenos Aires, terra di fuoco, periferie e pallone, da dove basta un’eco per ampliare senza limiti i confini di quel cortile immaginifico chiamato calciomercato. Argentina, anche patria di talenti, strappati in massa – giovanissimi, forse troppo – da affetti, case e famiglie. Parlano i numeri: negli ultimi 5 anni i calciatori argentini venduti ai club stranieri sono aumentati dell’800 %.
Il miliardo – Nel 2010, l’Argentina ha sorpassato per la prima volta il Brasile per numero di talenti venduti ai club di tutto il mondo. La terra di Diego è solo una delle vetrine sempre aperte del grande market del Sudamerica: nel solo 2010, il Continente sudamericano si è trasformato in una pazzesca macchina da soldi, consentendo ai club di fatturare 1 miliardo di euro dalle cessioni ai club europei, asiatici, perfino mediorientali, dei loro gioielli. Soprattutto le formazioni giovanili sono diventati il bancomat per presidenti e procuratori.
Schiavi di un sogno – “Il calcio in Argentina è lo sport dei poveri, e i guadagni dai contratti con i club stranieri, soprattutto europei, salvano intere famiglie dalla povertà”. Ci risiamo: le parole di Gerardo Molina, a.d. dell’Istituto Euromericas Sport Marketing (autore dello studio sul mercato sudamericano, dal quale prendiamo questi numeri) riportano alla vecchia contesa tra il Sud (ricco di talento) e il Nord (ricco) del Pianeta. D’altronde la spiegazione di Molina è un sillogismo che fila alla perfezione, e giustifica il safari che soprattutto i club europei compiono ogni anno in Sudamerica: al punto che a fare la valigia, spinti dal sogno di un miglioramento delle condizioni di vita, sono soprattutto ragazzi tra i 15 e i 19 anni. Bravi, bravini, qualcuno già un campione: altri funzionali a un sistema, e illusi da mercanti senza scrupoli.
I club europei, ad esempio, comprano gli argentini, soprattutto tra i 16 e i 19 anni; i brasiliani, tra i 14 e i 19. E intorno ai 25 sono già da rottamare, quando molti fanno il viaggio al contrario, e tornano a casa.
La tratta – Prendiamo solo i numeri del 2010. Gli argentini acquistati in Patria dai club stranieri sono stati 2.204 (per un volume di affari di 425 milioni), i brasiliani 1.674 (volume di 326 milioni), molto meno gli uruguaiani, 196, e infine i messicani, 95. Complessivamente un fatturato per i club sudamericani intorno al miliardo di euro. A comprare sono soprattutto i club dei grandi campionati d’Europa (Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Olanda e Spagna). E allora riprendiamo il filo con il pensiero di Gerardo Molina: “I club argentini non possono competere economicamente con i milionari europei. Questa situazione genera la perdita di competitività dei campionati sudamericani, ma ne garantisce la sopravvivenza, altrimenti i club sarebbero sommersi dai debiti”. L’economia ha, dunque, il primato su tutto: su famiglie, vite e storie di migliaia di ragazzi. Qualcuno bravo, pochissimi fuoriclasse, tutti gli altri ragazzi normali. Ma utili e funzionali: naturalmente ai signori del mercato.
La Redazione
P.S.
Fonte: Gazzetta.it
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