“Maledetta primavera. Chissà se Marco Giampaolo fra una boccata e l’altra al suo sigaro non abbia fischiettato questo motivo. Perché è proprio in quel periodo dell’anno – quando la natura fiorisce e le grandi squadre scelgono il loro allenatore – che si è consumato il destino di questo tecnico più bravo di quanto dica il suo pur buon curriculum. Capitò nel 2009 con la Juventus ed è ricapitato nella scorsa primavera col Napoli. Quella in bianconero è storia conosciuta, con Marco che cena a casa di Jean-Claude Blanc, amministratore delegato e direttore generale della Juventus post-Calciopoli. I due si lasciano con una stretta di mano, l’allenatore riceve la telefonata di altri dirigenti juventini che gli assicurano che tutto è a posto e guiderà la Juve 2009-10. Quella notte torna in auto nella sua Giulianova, accompagnato dal fratello Federico che con la Juve era stato tesserato. Unico testimone di sogni, speranze e ambizioni. I fatti dicono che Marco si addormentò da juventino ma il risveglio non fu da favola, perché a Torino preferirono un napoletano, Ciro Ferrara. La storia in maggio non si è ripetuta allo stesso modo, ma poco ci è mancato. Perché dal momento in cui è apparso chiaro che Maurizio Sarri avesse chiuso la sua esperienza a Napoli, il nome di Giampaolo appariva in una rosa ristretta di tecnici candidati alla successione. E, al di là delle indiscrezioni giornalistiche, era stato lo stesso Aurelio De Laurentiis a dichiarare che Giampaolo «sarebbe l’ideale per continuare modulo e metodo sarriano», come del resto aveva già fatto a Empoli. Ma al di là di un sondaggio diretto il produttore cinematografico non è andato, perché aveva in mente il colpo a sorpresa di Carlo Ancelotti”
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