Rispetto, fedeltà, onore», si facevano tatuare gli uomini del clan di Marco De Micco accanto alla scritta «Bodo», il soprannome del boss di Ponticelli. Un vero e proprio marchio di affiliazione secondo la Dda di Napoli che ieri ha fatto eseguire 14 ordinanze di custodia cautelare, sgominando i vertici del clan camorristico. Dalle carte dell’ordinanza emerge che la cosca, su cui pendono accuse di associazione a delinquere, tentato omicidio, spaccio di stupefacenti, era solita acquistare la droga da Gennaro De Tommaso. Proprio lui. «La compravamo — racconta il collaboratore di giustizia Vincenzo Esposito — da tale Genny ‘a carogna, che dovrebbe essere di Forcella». «Tutti zitti» Vendeva droga al clan di Ponticelli e impartiva ordini ai «fratelli» della curva, sempre con «rispetto, fedeltà e onore», concetti cari alla camorra e a certi ambienti ultrà. Come l’omertà.
Dalle indagini della Digos sui fatti del 3 maggio è emerso che il leader dei Mastiffs — protagonista della surreale trattativa dell’Olimpico che gli è già valsa un Daspo — nei giorni successivi alla sparatoria di Tor di Quinto ha fatto arrivare a tutti gli ultrà napoletani coinvolti nella vicenda un messaggio chiaro e incontestabile: «Vietato parlare». Chi è andato in soccorso del pullman attaccato da De Santis e i suoi complici, chi lo ha visto sparare, chi ha partecipato al suo pestaggio, o chi semplicemente ha notato quell’«uomo corpulento, vestito di nero» impugnare l’arma, non può, anzi non deve parlare con i giornalisti e tantomeno con la polizia. Non deve — nel gergo criminale — «fare l’infame». A Gennaro De Tommaso e agli altri capi ultrà non interessa aiutare le indagini e inchiodare De Santis, importa più salvare l’onore e regolare i conti alla prima occasione utile nel prossimo campionato. Lo stesso onore che i romanisti che stavano con De Santis a Tor di Quinto hanno perso, dandosi alla fuga attraverso una rete e abbandonando il compagno sul campo di battaglia: quei quattro, prima di finire nelle mani della polizia, sono già stati processati e puniti dai leader della Sud.
Fonte: Gazzetta dello Sport
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