Walter più Walter, potrebbe essere una bella storia del calcio azzurro, da romanzare come quelle che una volta faceva De Amicis. Niente a che vedere con “Cuore” ma molti punti in comune con un altro dei suoi best-seller. Quale? Senza dubbio il “tamburino sardo” letteratura d’altri tempi ma che ben si attaglia ai nostri due personaggi.
C’ERA UNA VOLTA… – Uno dei Walter è il tamburino di Paysandù (niente a che vedere con la Sardegna), l’altro è chiaramente il tecnico di San Vincenzo. La storia iniziò il 6 ottobre 2009, primo giorno del Mazzarri azzurro. Da allora, come il tamburino di De Amicis, quello azzurro ha sempre il compito di correre a perdifiato attraverso le linee nemiche (un tempo gli austriaci, ora gli spagnoli, gli inglesi, etc.) con gli ordini del generale Mazzarri da portare ai rinforzi che si trovano oltre le trincee (gli attaccanti). Un compito, va detto, quasi sempre onorato al meglio dal tascabile interno di centrocampo. Ricordate invece Kramer contro Kramer? Una volta è stato anche Walter contro Walter, ma tutto ciò è durato il tempo di un lampo in cielo. Meno male, perché di lui ormai non se ne può fare a meno, e non c’è copia conforme che circoli nei paraggi, e che possa “garbare” al mister. Dopo tutto anche Gargano è in gran parte una sua creatura.
IL DIVORZIO- Eppure l’uragano Gargano (o il Tamburino di Paysandù se volete) otto mesi fa si era scontrato con una vera e propria tempesta. Vittima di un inevitabile calo fisico dopo i migliaia di km percorsi tra le linee nemiche, per un intero campionato, aveva perso in lucidità e sbagliato qualche appoggio di troppo. Inesorabili e ingiuste le bordate di fischi dei tifosi, tanto che il lungimirante mister lo aveva tolto dalla scena in qualche occasione per dargli tregua e sottrarlo alle pressioni. A fine campionato già si vociferava di un possibile divorzio (si parlava principalmente di Fiorentina), nonostante l’uruguaiano avesse un contratto in scadenza nel 2015. In quel caso al danno si sarebbe aggiunta la beffa, perché Gargano dall’inizio del nuovo campionato ha fatto il Gargano e anche più, perché il suo cartellino, pagato 3,2 milioni, ora vale almeno il quadruplo e in estate forse lo si sarebbe svenduto. Ma tutto questo Mazzarri pareva già saperlo, tanto che in tutti i modi e occasioni lo aveva difeso, anche quando c’era stata palese insofferenza per più di una sostituzione.
ADESSO CANTA- El Mota (“pezzetto” dice la traduzione letterale) adesso invece giganteggia e canta. Sì, adesso canta solo, perché non è costretto più a portare la croce. Le cose sono cambiate: se prima con Pazienza doveva fare il “tafano” sugli avversari e poi costruire, adesso, con l’arrivo di Inler i suoi compiti si sono semplificati. Insomma, il Gargano depressurizzato adesso canta e vola leggero pure verso la porta cosa che, timidamente, l’anno scorso evitava di fare. Così leggero da partecipare in prima persona al “luculliano” Napoli-Genoa con un sigillo personale al bacio dopo ben quattro anni (imbeccata del cognato Hamsik) e poi raccogliere nuovi tributi con l’assist a Pandev per il vantaggio sul Palermo, manco a dirlo dopo 40 metri di corsa.
L’IDILLIO- Adesso è un Gargano pienamente recuperato e inamovibile quello che si appresta a combattere su tre fronti. Ed è anche idillio coi tifosi. Il 27 enne ex del Danubio, il cui ingaggio è salito a circa un milione (bonus esclusi) dopo i 170mila euro degli inizi, dopo i 40 metri e il gol correva ancora sotto la curva, prima facendo il segno del “pancione” (la moglie Miska è in attesa del secondogenito) e poi baciando il “SSCN” cucito sul cuore. Roba da libro cuore allora? No, da tamburino di Paysandù, ora altissimo e lievissimo.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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