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Gargano, il cuore oltre l’ostacolo. L’uruguaiano si è ripreso il Napoli

Dopo lo scetticismo iniziale, i tifosi hanno apprezzato voglia di vincere e professionalità

Il cuore oltre gli ostacoli: perché è stata dura, una battaglia quotidiana, però è andata e ora resta l’orgoglio mostrato e un senso della professionalità ch’è stata premiata. Duecentodue volte Gargano cancellate per un equivoco e tutt’intorno l’eco nitidissimo della contestazione, i fischi impietosi di chi s’è sentito tradito, uno stadio che si rivolta contro e quel piccolo-grande uomo che sgobba, va su e giù per il campo, resiste indomabile come in un tackle corpo a corpo: solo conto tutti, perché mai una voce che s’alzasse per ricondurlo alla normalità, se non Benitez. E ora che il peggio sembra alle spalle, ciò che resta è la sua capacità di assorbire le critiche e l’avversione collettiva, la disponibilità al sacrificio ed il famelico desiderio di rivoltare ogni pregiudizio per dimostrare che – in fin dei conti – forse si è esagerato.

RIECCOLO. L’sos del centrocampo, per convenzione, è stato Gargano: è capitato all’epoca, quand’era un ragazzino, e poi più recentemente, quando invece s’era trasformato in una sorta di leader silenzioso, l’esponente d’una classe operaia che va alla ricerca del paradiso. Però val la pena di ricordarlo cosa fu, l’inizio: trentaquattro partite nella sua prima annata, ventisei nella seconda e trentasei più trentasei più trentatré per completare il quinquennio, quello chiuso con lo strappo, con la cessione all’Inter e l’ammissione d’essere stato, da bambino, nerazzurro, e parole che divennero un boomerang. Storie di calcio tra cui la sua, al quale non fu perdonato nulla.

LA RINASCITA. Gargano diviene il soggetto sgradito al san Paolo, entra ed esce dal Napoli con la rapidità d’un pacco postale, va a Parma e comunque resta vincolato a Castelvolturno, resiste alla precarietà ed anche alla accoglienza colma di ostilità, si sistema nelle retrovie e corre, passettini corti, per riconqusitar la stima: è l’interditore di sempre, un nazionale uruguayano, ha smesso di ergersi a regista, ragiona da mediano, fa la fase passiva, raddoppia e copre, si spreme in altruismo, s’inchioda al Napoli perché pure il destino stavolta ha scelto per lui e Benitez ha provveduto a rasserenarlo dentro.

L’EMERGENZA. Con l’Athletic Bilbao non sfigura né all’andata e né al ritorno e contro lo Sparta Praga, nel vuoto del san Paolo, ha la possibilità di percepire che qualcosa è mutato non solo nelle gerarchie d’una squadra nella quale non c’è Jorginho ma anche nel contesto d’uno stadio che osserva e apprezza. Udinese-Napoli 0-5 è un graffio sulla memoria, un brivido che attraversa i ricordi, perché di quella enorme abbuffata, l’ultima statisticamente, resistono due «superstiti» che qualcosa hanno pur dato in questo spazio infinito ch’è il calcio, uno è Hamsik e l’altro si chiama Walter Gargano. Chi la dura la vince, alla distanza, una maglietta…
Fonte: Corriere dello Sport

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