Scouting e valorizzazione del vivaio sono le frontiere del calcio moderno, del pallone ai tempi della crisi e dell’addio alle grandi spese. Talenti fatti in casa o scoperti quando sono giovanissimi, è questa la strada compiere; l’ultimo esempio è quello del Borussia Dortmund, in semifinale di Champions League. Martedì sera al San Paolo si è disputata la gara di ritorno della finale della Primavera Tim Cup tra Napoli e Juventus; hanno trionfato i bianconeri ma entrambe le squadre hanno potuto mettere in mostra i propri giovani talenti, alcuni cresciuti nel proprio settore giovanile e altri pescati in giro per l’Europa. C’è una recente scoperta bianconera che, però, mi ha molto impressionato. Si chiama Vajebah Sakor, centrocampista classe ‘96, che la Juventus ha prelevato nello scorso mercato di Gennaio. Sakor domenica scorsa ha compiuto diciassette anni, ma ha un profilo da ventenne: colpisce per la forza esplosiva, l’imponente struttura fisica e la personalità mostrata in campo. Ha coltivato la grinta, la determinazione e lo spirito d’abnegazione nel vissuto di un’infanzia molto difficile; da bambino, infatti, Vajebah è scappato dalla Liberia a causa delle violenze della guerra civile ed è stato adottato da una famiglia norvegese. In Norvegia ha ritrovato la serenità ed iniziato a giocare a calcio all’età di cinque anni nello Junior Team del Mysen Idrettsforening, dove è rimasto un solo anno prima di trasferirsi all’Asker Fh, società che militava nella Third Division. Ben presto il club di Sakor si rese conto di avere in casa un talento, una risorsa anche per il club. Nel 2011, la svolta; l’Asker ottiene la promozione nell’Adeccoligaen, la Serie B norvegese e Sakor è aggregato alla prima squadra per la preparazione e per alcuni test invernali. Non finisce qui, al compimento del quindicesimo anno d’età, Vajebah riceve un regalo: il primo contratto da professionista. Uno step importante verso il debutto in prima squadra, prima in Coppa di Norvegia e poi in campionato, dove resta ancora oggi il più giovane esordiente. Sakor totalizza otto presenze in una stagione sfortunata per l’Asker Fh, che retrocede all’ultima giornata. Vajebah conquista anche la Nazionale Under 17, viene convocato per un’amichevole con la Repubblica Ceca. La Norvegia vince 2-0, Sakor va anche a segno con una bordata che s’insacca sotto l’incrocio dei pali e i talent-scout della Juventus cominciano a produrre le prime relazioni su questo ragazzo di origini liberiane, seguito per la prima volta dal vivo. Nella stagione successiva continua a mostrare segnali di crescita e nel marzo del 2012 attira le attenzioni del Milan che lo convoca per uno stage, in cui, però, non riesce a convincere i dirigenti rossoneri a tesserarlo nel più breve tempo possibile. L’Asker Fh fiuta l’affare, si rende conto che Sakor è molto richiesto a livello internazionale e decide di darlo in prestito al Rosenborg per la NextGen Series, un’esperienza in cui Sakor incrocia il proprio destino con una squadra italiana, l’Inter. In Norvegia finisce 2-1 e Sakor segna il calcio di rigore che completa la rimonta norvegese dallo 0-1. Il Rosenborg chiude il girone a dieci punti, gli stessi dell’Inter, e si qualifica agli ottavi di finale, dove è eliminato proprio dalla Juventus. Il suo destino. A gennaio, infatti, il responsabile del settore giovanile bianconero Giovanni Rossi batte la concorrenza di Manchester City, Liverpool e soprattutto Arsenal, facendogli firmare un contratto triennale. A causa del ritardo nell’arrivo del transfer, Marco Baroni, allenatore della Primavera bianconera, non può utilizzarlo per la Viareggio Cup. Il norvegese debutta così con la maglia della Juventus il 2 Marzo contro il Genoa (vittorioso per 2-1): Sakor entra al 62’ al posto di Schiavone. La settimana successiva, l’esordio dal primo minuto prima contro il Torino in campionato e poi nella gara d’andata della finale della Tim Cup contro il Napoli allo Juventus Stadium. Poi un altro spezzone contro il Novara ed al San Paolo nella sfida di ritorno, dove al 91’ colpisce una traversa con una bordata da trenta metri. Si tratta di un giocatore su cui scommettere, che unisce il senso di posizione alla Dunga, l’esplosività alla Vieira e la bordata dalla distanza alla Pogba. Ha grinta, concentrazione ma il sorriso sempre pronto. Per chi da bambino è fuggito dalla guerra, il calcio è sempre e soprattutto un gioco, da vivere con serenità.
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