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Furia Mazzarri: «A Pechino cornuti e mazziati, ho pensato di dimettermi»

Walter choc sulla Supercoppa: «Il Napoli? Giusto non ritornare in campo, dalla Juve niente lezioni»

Una settimana in silenzio, ascoltando le parole degli altri. Poi, cinque minuti per una risposta senza contraddittorio, capace di sconvolgere qualsiasi equilibrio. La vigilia di Napoli-Olympiacos, ultima amichevole al San Paolo prima dell’inizio del campionato, è solo un pretesto per replicare al mondo, dopo tutto quanto è accaduto sabato scorso contro la Juventus, in Supercoppa. Un monologo, quello di Walter Mazzarri. Un’autentica furia, a tratti. I toni sono soft, ma le sue parole sono pesanti come pietre.
Primo obiettivo: gli arbitri Mazzoleni, Rizzoli e Tagliavento. «Posso pure ammettere errori di carattere tecnico: non ci hanno dato un rigore su Behrami e non ne faccio un dramma. Ma le regole non vanno interpretate. Non si può permettere a un giocatore della Juve qualsiasi espressione in campo e poi espellere Pandev per lo stesso motivo. Una volta si chiamava sudditanza psicologica, ora chiamatela come vi pare: il comportamento degli arbitri deve essere lo stesso sia per i campioni conclamati che per un debuttante. Non ammetto differenze. E a Pechino ci sono state: Rizzoli e Tagliavento, gli altri arbitri, non sono stati da meno. Solo il quarto uomo è stato un galantuomo. Poi ho letto il referto e lì si sono superati: siamo stati ”cornuti e mazziati”. Io mi ritrovo squalificato perché l’arbitro ha scritto di avermi sentito direttamente profferire delle offese quando mi ha cacciato su segnalazione del guardalinee. E Dossena? C’è stata una enorme iniquità nelle valutazioni. E questo non mi va giù».
Secondo obiettivo: la mancata partecipazione alla premiazione. «Faccio una battuta: eravamo sotto la doccia… (sono le parole che Lippi pronunciò nel ’98 per giustificare il forfait dei bianconeri dopo il ko con la Lazio, ndr). Sono stato zitto in questi giorni, ho rivisto la partita contro la Juventus 4-5 volte e ora dico che abbiamo fatto bene anche perché se ci avessero costretto a rivedere gli arbitri, a stringere la mano a quelli che dovrebbero essere super partes… forse per la gara con il Palermo non avrebbero squalificato solo tre giocatori. Abbiamo esagerato? No. Quando mi hanno spedito in tribuna ho letto i messaggi che mi hanno inviato i miei amici e lo sapete che c’era scritto? Che dovevo dire al presidente di ritirare la squadra, che non dovevo farla scendere in campo per i tempi supplementari. Io subito dopo Pechino, a mente fredda, avevo deciso di dimettermi, mi era venuta voglia di lasciare il calcio. Ho cambiato idea solo dopo che decine di tifosi juventini, sulla spiaggia dove ero andato per riposarmi, si sono fermati per scusarsi, per dirmi che neppure a loro fa piacere vincere così. E allora mi sono detto, resto. Ora sono più carico di prima».
Terzo obiettivo: le parole pronunciate da Carrera. In Cina aveva detto: «È stata una caccia all’uomo». Mazzarri: «Chi l’ha detto? Ah, quel signore là, quello che è uno degli allenatori della Juve. Beh, sapete che gli dico? Io l’ho rivista cinque volte la partita, lui se la riveda almeno un’altra volta perché mi sa che ha guardato proprio un’altra partita quel giorno a Pechino».
Quarto obiettivo: lo spirito olimpico invocato da John Elkann a Villar Perosa e il riferimento al pugile Cammarelle. «Ma perché non guarda il proprio orto e guarda in casa di altri? Avrei voluto vedere come avrebbe reagito chi ha parlato se avesse subito tutto quello che abbiamo subito noi a Pechino. E poi da che pulpito… Io non prendo lezioni dalla Juve. Non è quella società che sostiene di aver vinto 30 scudetti quando invece ne sono 28 perché ci sono ben due sentenze che lo dicono?». Conclusione. «Farebbero meglio a stare zitti. Tutti quanti».
Walter Mazzarri rompe gli argini e senza peli sulla lingua dice quel che pensa: un attacco lucido, non uno sfogo, dove nulla è detto per caso. È la risposta a quelli della Juventus e all’arbitraggio di Mazzoleni. Ma forse c’è dell’altro: forse è un messaggio per il futuro, per il campionato che sta per cominciare. Parole dure, parole che in pochi istanti rimbalzano in ogni angolo d’Italia. Parole che non sono piaciute a molti e che allungheranno l’elenco dei suoi non pochi nemici.
Quando finisce tutto, il tecnico del Napoli trova la voglia di parlare della gara col Palermo: «Faccio mie le frasi di Hamsik: non voglio giustificazioni per le assenze, possiamo vincere lo stesso perché abbiamo una rosa molto ampia». Manda messaggi sia a Gargano che, indirettamente, a Vargas. «Io non ho problemi con nessuno dei miei giocatori, Gargano gioca con me da 4 anni. La regola è uguale per tutti: va in campo chi sta bene e se sta meglio degli altri».
Sul mercato ha un sussulto: «Uvini? Non credo che venga, a meno che non mi abbiano ancora detto nulla». Il brasiliano, infatti, dovrebbe essere girato in prestito. Infine sulla linea verde: «Trovatemi una squadra che ha vinto con i giovani. Difficile conciliare le due cose… credo di averlo spiegato bene a tutti».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

M.V.

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