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Fuori dal campo. Il “Matador” ama la pesca, il golf e il mare

La normalità è lì, al di fuori dal campo, tra le pareti di casa, in quel guscio protettivo in cui l’uomo ama rinchiudersi, con Maria Soledad e Bautista, aspettando il secondo erede al trono di principe del gol: il fiocco azzurro (!) è nel destino del Cavani privato, del papà apprensivo che è in lui, nella quotidianità d’una vita familiare che conosce pochissime divagazioni, un salto con Britos a Gaeta per andare a pesca o persino un giro in barca per lanciare l’amo e staccare la spina, ritrovare sul prato verde con il golf serenità d’animo, ascoltare lo sciabordio del mare e dar libero sfogo ad una passione germogliata a Salto, in Uruguay, ed importata prima a Mondello e adesso a Napoli.

IL BEBE’ – Benvenuti ad Edinlandia, il giardino riservato d’un personaggio che rifugge alle copertine e se le consegna esclusivamente a suon di gol: perché poi, quando l’arbitro fischia e cala il sipario, oltre la tenda del palcoscenico c’è un ragazzo tutto casa, chiesa e campo, le coccole al bambino, il vangelo da sfogliare, un’altra partita da preparare e quel maschietto che tra un po’ – magari – gli toglierà il sonno, ma vuoi mettere la felicità.  La Napoli di Cavani ha tappe fisse e rare concessioni: una cena a Mergellina, da «Ciro», o un blitz su via Partenope, da «Regina Margherita», per gustare la parmigiana; un pieno (ma assai controllato, perché il fisico ha le sue esigenze) di mozzarelle in compagnia di Pierpaolo Triulzi, il manager-amico, e la riservatezza classica di chi gradisce starsene ben lontano dalle luci di una ribalta che gli competono di diritto già alla domenica o al sabato e al giovedì e dalle quali sa fare volentieri a meno.
IL LEADER – Il Cavani che se ne sta dietro al buco della serratura ha l’ironia d’un napoletano adottato, la sensibilità di chi ha trovato una serenità interiore attraverso la religione e slanci di amicizia consueti con una squadra che l’ha eletto a totem e che in lui si specchia.  Il leader (ormai) indiscutibile che diviene tale non solo con i gol ma con gli atteggiamenti, con quell’autorevolezza che gli è naturale e con la semplicità che un mese fa, dopo la tripletta alla Lazio, l’ha indotto a regalare la propria maglietta a Lorenzo Insigne, una sorta di passaggio di testimone per il futuro, una investitura bella e buona per quello scugnizzo che gli piace non solo perché ha talento ma perché ha dimostrato di avere la testa sulle spalle. Un piccolo Cavani, mentre l’altro, il «grande», governa con discrezione: quattro reti e via, per starsene con Maria Soledad e Bautista, vestito con la «sette» del poker. E’ forte il papà.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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