La madre di tutte le derivazioni dello schema base, quel cavallo di battaglia che Mazzarri ritiene il proprio marchio di fabbrica, ha rappresentato per tre stagioni il «verbo» d’una squadra a trazione anteriore: del resto per far convivere tre trenori capaci di assolo ineguagliabili, in grado di prodursi in coast to coast con una semplicità disarmante, serviva un sistema adatto alle proprie caratteristiche. Il Napoli degli Hamsik, dei Cavani e dei Lavezzi è stato plasmato per assecondare l’istinto da killer di un attaccante di razza come el matador, di uno splendido solista come el pocho, di un centrocampista capace di aggredire gli spazi come lo slovacco, (da doppia cifra stagione sistematica) un tormento per i mediani altrui.
Ma a Mazzarri è sempre piaciuto assai dare un’impronta un po’ osé alla propria creatura: l’ha fatto in gioventù, a maggior ragione ha potuto ripetersi a Napoli, avendo tra le mani talenti allo stato puro, d’una personalità spiccata e atleti dentro. Il rischio di spaccare un po’ la struttura andava corso e talvolta pure senza giudizio, rischio sempre calcolato, soprattutto nella trequarti avversaria: importante, a quel punto, era il possesso palla, da consegnare a uno del trio; o anche, variabile indispensabile, la creazione del campo largo in cui lasciare scavallare o Cavani o Lavezzi, irragiungibili centometristi, esponenti d’una categoria di punte atipiche, capaci di far da sé nello stretto e di esaltarsi nelle praterie. Non essendo praticabile per mancanza di interpreti (o per la presenza di un genio come Hamsik) il 3-4-3, l’adattamento è stato automatico.
Ecco un’ipotesi di formazione schierata con il 3-4-1-2:
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.F.
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