Siamo a Córdoba, per gli italiani Còrdova, ma cambia poco perché si sa che in Spagna ‘b’ e ‘v’ tendono a divenire quasi lo stesso suono. Il legame tra questa città ed il portiere azzurro lo si deve tutto al padre di Reina, Miguel, portiere anche lui, che ha militato nel Còrdoba C.F. tra il 1964 ed il 1966. Il padre dell’estremo difensore azzurro rilasciò un’intervista al portale spagnolo AS nel luglio 2014 dove apriva all’approdo di suo figlio al Còrdoba dopo l’esperienza con il Bayern Monaco. “Mio figlio si ritirerà nel Còrdoba e sarà disposto a giocarci anche gratis.” dichiarava Miguel due estati fa facendo letteralmente impazzire i tifosi biancoverdi, gente del sud, per certi versi molto vicina a quella che oggi impazzisce realmente per Reina. L’esperienza negativa al Bayern Monaco (per le poche presenze, non certo per i risultati del club bavarese) ha convinto Reina a lasciare la Bundesliga dopo solo un anno ma nei progetti relativi al suo approdo a Cordoba si è intromessa Napoli, città che è entrata nel cuore del portiere spagnolo dopo la prima esperienza nella stagione 2013/14 dove arrivò in azzurro per seguire il suo maestro Benitez. Fu un anno importante per la storia della società, terzo posto e conquista della Coppa Italia e tutto sembrava presagire un futuro roseo per un club che cominciava ad avere una sua dimensione internazionale. Poi l’addio in estate e la notte di Bilbao con il San Mamés che fu solo da preludio alla complicata stagione azzurra. Reina oggi è tornato al Napoli e si è subito erto a condottiero di un gruppo che ha riportato l’entusiasmo in città e la gente allo stadio ma l’approdo a Còrdoba è soltanto rimandato. Tra Reina ed il club andaluso c’è sempre stato un legame particolare, profondo e per certi versi inspiegabile. Pepe Reina è nato a Madrid e ha cominciato la sua carriera da calciatore nella cantera del Barcellona, dal 1999 al 2002 con il club blaugrana, poi l’esperienza al Villarreal, prossimo avversario degli azzurri ai sedicesimi di Europa League, e gli otto anni al Liverpool molti dei quali fianco a fianco con Rafa Benitez. Eppure il portiere azzurro è da sempre un gran tifoso del Còrdoba, alla conquista della Coppa del Mondo con la Spagna festeggiò infatti indossando una sciarpa del club andaluso. La passione per i biancoverdi di Còrdoba gli è stata certamente trasmessa dal padre, nativo della città andalusa ed oggi responsabile delle relazioni esterne dell’Instituto Municipal de Deportes di Còrdoba. Se Miguel Reina quindi dice che suo figlio chiuderà la carriera nella provincia del sud della Spagna c’è da credergli, ma i tifosi azzurri possono star tranquilli, il presente di Pepe è saldamente all’ombra del Vesuvio.
LA CITTA’ Còrdoba ha un fascino intrinseco. Sembra quasi una città fantasma, ibernata nel suo passato racchiuso dalle mura turche, per le vie strette che si incrociano e si snodano in continue serpentine, le piccole piazze (o campos), le strade a fondo cieco e le case basse con i cortili interni. L’antico nucleo musulmano è rimasto intatto e a differenza delle altre città spagnole manca di una vera e propria piazza, un luogo di ritrovo centrale. L’espansione dei nuovi nuclei riguarda esclusivamente le zone periferiche di Còrdoba lasciando così intatta l’originaria fisionomia del centro musulmano. La città dal 1984 è inoltre patrimonio dell’UNESCO per le testimonianze storiche del mondo arabo e dal 1972 è anche sede di un’università. Còrdoba scrive per la prima volta il suo nome nelle pagine di storia nel 206 a.C. come colonia fenicia prima, alleata dei cartaginesi, e romana poi. La fisionomia attuale deriva dal dominio arabo, popolo che la preferì a Siviglia come ruolo di capitale dell’impero islamico di Spagna. Il califfato di Còrdoba cominciò nel 929 con ʽAbd ar-Rahman III ma fu sotto gli Omayyadi che la città fiorì, diventando uno dei principali centri europei, fino a contare, con i sobborghi, 300.000 abitanti e 300 moschee. Il simbolo di Còrdoba è certamente La Mezquita, La Grande Moschea, iniziata nel 785 da ʽAbd ar-Raḥmān I, ma ampliata tra il sec. IX e il X da ʽAbd ar-Raḥmān II e al-Mansūr, che le conferì l’aspetto definitivo, conservato fino ad oggi. Nel tredicesimo secolo La Mezquita fu convertita a cattedrale cristiana e dal 1523 fu rimaneggiata. La struttura originaria era caratterizzata da un’unica sala di preghiera con nove navate ortogonali al muro della qibla (la direzione della Mecca, dove ogni musulmano deve rivolgersi durante la preghiera). Con al-Ḥākam II, tra il 961 ed il 976, vi fu la costruzione delle parti più notevoli dell’edificio, tra cui il miḥrāb (la nicchia che segnala la qibla) e le tre cupole impostate su archi incrociati con nervature di origine iranica. La città è divenuta così simbolo di una cultura ibrida, che fonde il sentimento cristiano a quello musulmano. Un luogo suggestivo incorniciato tra le acque del fiume Guadalquivir, una città fantasma che sembra rivivere le suggestioni del suo passato di notte, quando Còrdoba si addormenta sotto il canto del vento che sibila tra le mura turche.
CòRDOBA CF Nasce nel 1954 il club andaluso oggi in Segunda Division, la Serie B Spagnola dove è in testa alla classifica a quota 33 punti e con un progetto nuovo vista la collaborazione tra il comune e la presidenza. L’obiettivo è quello di portare il Còrdoba stabilmente in Liga ed il primo passo è rappresentato certamente dai lavori d’ampliamento dello stadio, il Nuevo Arcàngel. L’impianto è di proprietà comunale con una concessione al club per 50 anni. Il Nuevo Arcàngel è stato costruito nel 1993, a 500 metri dal vecchio impianto, l’El Arcangel, che ha vissuto anche le 8 stagioni in Liga del club biancoverde. La tribuna nord dell’impianto però ha ancora affisso il cartello dei “lavori in corso”. L’obiettivo è quello di realizzare una vera e propria struttura polifunzionale con uffici ed albergo per far crescere il fatturato del club e rendere l’impianto adatto anche ad ospitare manifestazioni europee e mondiali. Il progetto è in grande scala e fa parte del piano “City Enterntainment”. L’obiettivo è quello di eliminare in maniera definitiva la distinzione tra la vecchia città e il nucleo moderno con l’inserimento di un parco dei divertimenti, un residence per anziani, un campo da golf e l’estensione del quartiere fieristico. Lo stadio avrà una capienza di 25mila posti tutti al coperto, con una fisionomia inglese e inciderà anche sull’architettura urbanistica dell’area, modificando l’assetto viario rendendo così più agevole l’accesso allo stadio. La nota negativa è che i lavori dovevano esser conclusi già nel 2008, oggi però, grazie anche all’aiuto di Miguel Reina, sembra esserci una ritrovata armonia tra il comune ed il presidente e si auspica una quanto più rapida conclusione del progetto. Proprio Pepe, magari al termine del suo contratto con il Napoli, potrebbe essere uno degli uomini simbolo del rilancio dell’immagine del Còrdoba CF. Camminando tra le strade della città e facendo il suo nome in giro tra gli andalusi si scopre come non solo Napoli e i napoletani abbiano sviluppato una sintonia straordinaria con il portiere. A Cordoba nessuno ha dimenticato l’immagine di Reina trionfante con la Coppa del Mondo in mano e i colori biancoverdi ad avvolgerlo, il tratto indelebile che lascia questa città quando al tramonto si prepara a ritrasformarsi in un borgo fantasma è quella di due bambini che giocano a pallone nel parcheggio antistante lo stadio. La porta è segnata da due zaini, uno calcia, l’altro para, esulta ed urla un nome, “Reina!” Allora capisci che al destino non si comanda e che qui hanno già cominciato a scriverlo scegliendo in anticipo il loro protagonista principale…
Dal nostro inviato a Còrdoba Andrea Cardone.
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