Non è proprio un brivido, perché i punti di svantaggio dal primo posto sono appena sei e mancano ancora la bellezza di venticinque gare da giocare: esistono primati più solidi di quello che detengono Juventus e Roma per farsi travolgere dalla depressione. Ma una sottile inquietudine comincerà a serpeggiare, da oggi in poi: a partire dalla partita con la Lazio è vietato commettere altri passi falsi in campionato. Tanti, troppi, tre ko dopo tredici giornate di serie A. Niente per cui stare allegri, ma nemmeno da strapparsi in capelli per la disperazione. E non solo perché i giallorossi sono ancora imbattuti e i bianconeri sono scivolati una sola volta. Sono tante tre sconfitte dopo un terzo di campionato, perché quando si perdono tutte queste gare in un arco di stagione così breve, difficilmente si arriva primi a fine stagione. Il passo non è quello giusto. Ma non è finita. I numeri dicono che negli ultimi 40 anni solo tre volte una squadra che alla tredicesima giornata era già andata tre volte al tappeto ha poi vinto lo scudetto. Tre imprese per tre squadre favolose: il Milan di Zaccheroni nel 1998/99, la Juve di Trapattoni nel 1981/82 e l’Inter di Invernizzi nel 1970/71. Scivolando indietro nel tempo, vi sono riusciti anche il Milan nel 56/57, il grande Torino nel primo campionato del dopoguerra e durante il fascismo la Juventus e l’Ambrosiana. Persino meglio, il Milan 61/62 di Nereo Rocco e la Juve di Parolo nella stagione precedente che di gare, dopo il tredicesimo turno, ne avevano perse persino quattro. Altro calcio, si dirà. Però, i numeri confortano. L’ultima grande rimonta è stata quella del Milan di Zaccheroni, che strappò il titolo alla Lazio all’ultima giornata. 14 anni fa. I rossoneri avevano perso in casa con la Fiorentina (1-3 alla terza); poi 1-0 a Cagliari alla quinta e 4-0 a Parma all’undicesima. «Poi perdemmo soltanto un’altra volta, contro la Roma. Riuscimmo a vincere quello scudetto solo perché avevo un gruppo eccezionale che credeva fortemente alle mie idee», ha raccontato più volte l’attuale ct della nazionale giappone. Un Milan stellare con Maldini, Costacurta, Boban e un fedelissimo di Zac: Oliver Bierhoff. Per trovare un’altra impresa del genere bisogna tornare agli anni ’80. È la Juve di Zoff, Gentile, Cabrini e via dicendo che poi l’estate dopo andò a formare l’ossatura dell’Italia campione del mondo a Madrid. Beppe Furino spiega: «Eravamo punteggio pieno dopo sei giornate, poi il buio, molto simile al momento nero che sta attraversando il Napoli: perdemmo in casa con la Roma e poi subito dopo col Genoa. Nel mezzo il crac con l’Anderlchet (3-1 in Belgio e 1-1 in casa, ndr) e l’eliminazione clamorosa in Coppa Campioni. Poi un altro crollo ad Ascoli. Sembravamo alla sbando e invece ci guardammo in faccia e ci parlammo: sapevamo il valore del nostro gruppo, eravamo campioni d’Italia in carica. Il Trap puntò sul nostro orgoglio: la mossa azzeccata. Fino alla fine non perdemmo più». È lo scudetto vinto dopo il testa a testa con la Fiorentina e deciso all’ultima giornata da un rigore di Brady a Catanzaro. «Al Napoli consiglio di credere alla propria forza – continua Furino – col Dortmund li ho visti, sono stati solo sfortunati. Se Higuain avesse fatto gol la storia di quel match sarebbe cambiata. Il Napoli e Benitez a me piacciono davvero tanto». La storia delle rimonte storiche passa per l’Inter di Sandro Mazzola. Il 21 novembre del 1970, dopo un 2-1 subito a Napoli, alla terza sconfitta per l’appunto, lo spogliatoio si ricompattò. «Invernizzi ci allenò la mente più che le gambe, fece quasi delle sedute psichiatriche: recuperò Jair e Bedin che Heriberto Herrera aveva messo in un angolo. Fu la svolta: sull’aereo che ci riportava da Napoli stilammo una tabella-punti e la consegnammo al presidente Fraizzoli dicendogli ”possiamo ancora vincere lo scudetto”. Lui rispose che eravamo dei ragazzini. Quella tabella l’attaccammo sulla parte delle spogliatoio e ci fece enorme coraggio per tutta la stagione. Ecco, il Napoli faccia lo stesso: prepari una tabella e la metta a Castelvolturno. La rimonta-scudetto è possibile. Anche perché la Juve non deve vincere ancora… Ma attenzione: con la Lazio è decisiva: se vince mette tutto alle spalle. Ma altrimenti, diventa molto dura».
Fonte: Il Mattino
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