Ma dov’eravamo rimasti? La domanda che si insegue spontanea è in quella vena malinconica, una scia di più cauto ottimismo (pessimismo?) concesso in eredità dal Sassuolo: e mentre Genova si para all’orizzonte, i dubbi che arricchiscono la vigilia trascinano nello stress da prestazione. La controrivoluzione è annunciata dalla sequenza di appuntamenti, da una serie di appuntamenti utili per raccogliere ulteriori indicazioni: e in quel Napoli che Benitez accompagna per mano, gli interrogativi s’inseguono e le domande s’intrecciano.
SI’ O NO – Sin prisa, pero sin pausa: la fretta, certo, è cattiva consigliera; però la “pausa” è stata consumata e per starsene in scia della Roma, per conservare e tutelare il ruolo di anti-Juventus, per ritrovarsi fuori dalle ansie, non serve “prisa” ma un colpo sull’acceleratore. Il Genoa subito, l’Arsenal martedì: ma sul taccuino di Benitez c’è un elenco di quesiti cui offrire risposte e un campettto nel quale cancellare qualche tentazione o magari legittimarla. Higuain sì, Higuain no, si comincia da lì: perché in questo settembre ingolfato, i tempi di recupero vanno rispettati e le considerazioni richiedono riflessioni. Settantadue ore tra il Sassuolo e Marassi e altre settantadue tra il desiderio del Genoa e il fascino dell’Emirates: la staffetta è una possibilità concreta, una scelta sussurrata qua e là dal test, una spruzzata di saggezza per tenersi el pipita fresco nella ripresa (eventualmente) e dunque pure tonico per la Champions. Fuori Higuain, per cominciare: poi deciderà il destino di una gara complicata, da gestire (ma non troppo) attraverso il minutaggio, lanciando immediatamente Pandev nel mischione e nella graditissima posizione di centravanti, lasciandogli alle spalle Hamsik e «conservando» l’argentino ed Insigne, pronti per eventuali necessità.
LEGITTIMA DIFESA – Il lavoro nobilita l’uomo, ma meglio non esagerare e meditare, per non ritrovarsi poi con i muscoli ingolfati come il calendario di questi giorni: il mischione con il Sassuolo ha prodotti effetti inaspettati e il ritorno al passato appare inevitabile, con Albiol e Britos da centrali e con Mesto e Armero invece lasciati nelle rispettive posizioni, per non intervenire massicciamente. Ma poi c’è quello Zuniga che ha avvertito qualche dolorosino sparso qua e là – ragione principale della mancata convocazione per mercoledì con il Sassuolo – e quindi inutile sottoporlo a sforzi suppletivi: per Marassi, la linea a quattro sembra disegnata, a meno di ripensamenti su Zuniga che potrebbe avvicendare tanto l’uno quanto l’altro cursore.
RIECCOLO – Mediana scontata: Behrami recupera in un niente e gli è bastato starsene in pancuina per una sera. La fase di interdizione, contro un Genoa che ha l’obbligo di spingere, richiede forza fisica e dinamismo, tutto quel che è nelle corde di un mediano diventato insostituibile e pronto ad afficanare Inler, restituito agli antichi splendori di Udine, capace di governare il palleggio e di garantire l’interdizione.
LE ALI – Ne servono due, per volare: Mertens non s’è risparmiato, ha dimostrato di aver acquisito condizione e di aver imparato lo spartito: magari gli manca il guizzo, quello che consente di creare la superiorità numerica, però è affidabile e poi a sinistra ci sta con leggerezza. Lui sembra inattaccabile; l’altro, manco a dirlo, è Callejon: che si è consumato – e quanto – nell’avvio straripante, che ha un po’ dovuto mollare a San Siro e che ha gamba per offrirsi come partner dei tre che stranno tra le linee ma, innanzitutto, per assicurare i giusti equilibri.
Senza Higuain, però con Hamsik: perché si può anche rinunciare a un top player (e mandarne in campo un altro) ma non si può alterare il prodotto interno netto del Napoli, facendo a meno anche di Hamsik. E poi ci sono novanta minuti per rimodellare l’immagine offerta nella prima fase del campionato: sin pausa e però con un po’ di prisa, direbbe Benitez…
Fonte: Corriere dello Sport.
La Redazione.
D.G.
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