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‘Football Clan’, il calcio tra regole, lealtà sportiva ed interessi (criminali?)

Amare il calcio vuol dire rispettare le regole. Il dibattito di Azzurra Lex sugli interessi intorno al mondo del pallone

Ancora un bell’appuntamento dedicato al mondo del calcio voluto dall’associazione di giuristi Azzurra Lex. Il titolo del convegno di questa mattina, ospitato nella sala della UIF presso il Palazzo di Giustizia a Napoli è  “Il calcio tra regole, lealtà sportiva ed interessi (criminali?)”, ispiratosi al libro “Football Clan” scritto dal magistrato napoletano Raffaele Cantone insieme al giornalista Gianluca De Feo. Mimmo Malfitano, nota firma de La Gazzetta dello Sport ha moderato un tavolo che ha visto il contributo, oltre che dello stesso Dott. Cantone, di Lucio Giacomardo, docente di Diritto Sportivo; Arturo Frojo, Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli; Sergio Longhi, Presidente dell’Azzurra Lex; Bruno Piacci, Presidente Fondazione Avvocatura Napoletana; Marino Iannone, Presidente della UIF e di due ospiti di riguardo: il Procuratore Federale Stefano Palazzi, presente nonostante un grave lutto familiare, e lo storico capitano azzurro Antonio Juliano.

Ed è stato Lucio Giacomardo, docente di Diritto Sportivo ad affrontare un tema serio con una metafora simpatica: il calcio come una fidanzata, la cui onorabilità, se non macchiata, è sicuramente al centro di notevoli e legittimi dubbi. Vale ancora la pena amare questa “fidanzata calcio”? La sua onorabilità è ancora difendibile? Molti episodi inducono sicuramente allo sconforto, stando anche alla lettura del libro di Raffaele Cantone, ma il calcio ha anche un’altra faccia, quella dei sacrifici degli addetti ai lavori, tra allenatori e dirigenti, delle pratiche virtuose, spesso provenienti dal mondo dilettantistico, pure flagellato da episodi tutt’altro che edificanti. E in questo “Scuotere le coscienze” diventa una sorta di parola d’ordine pronunciata da Stefano Palazzi, affinché la società possa mobilitare le sue forze e le sue persone migliori, rammentando che “Il calcio è al centro di appetiti illegali per la sua capacità di creare volume di affari e per la sua importanza sociale.” Un consenso sociale al quale mira la criminalità organizzata, aspetto che la giustizia sportiva vuol colpire con la sua fondamentale azione di deterrenza. “Già 4 anni fa il presidente Abete individuò 4 temi: le “migrazioni” di ragazzi strappati alle famiglie e poi abbandonati con il miraggio di brillanti carriere; le scommesse; le proprietà delle società ed il riciclaggio. E la collaborazione con la giustizia ordinaria, attraverso la trasmissione e l’acquisizione di atti e delle indagini, contribuisce notevolmente all’azione deterrente della stessa giustizia sportiva”. Ed in ciò quest’ultima, pur potendo solo convocare ed ascoltare le parti, in quanto associazione privata, è riuscita a compiere passi in avanti, scoraggiando e facendo in alcuni casi naufragare situazioni illecite. Certo è necessario eliminare il terreno di coltura di cui si serve il crimine organizzato per acquisire consenso sociale.

In ciò le parole di Antonio Juliano  suonano come un campanello d’allarme: “Mancano esempi di correttezza, di un calcio basato sul sogno di una bella carriera  sportiva, mentre assisto ad un dio danaro al centro di tutto, ottenibile con tutti i mezzi, anche attraverso scommesse illecite.”  E lo stesso capitano Juliano, “Emblema dell’ amore e dell’attaccamento alla maglia e alla squadra”, come lo definisce Raffaele Cantone, può essere additato come esempio  e punto di riferimento per la vita sportiva e sociale insieme alla figura di Rudy Krol, altro storico giocatore azzurro, dal comportamento cristallino in campo e fuori. Il magistrato sottolinea l’esigenza di ripensare la giustizia sportiva in un aspetto: ridiscutere l’idea di un’unica giurisdizione dello stato. “L’impatto sociale della giustizia sportiva, con le sue sentenze ha talvolta, paradossalmente, incidenza anche sul mercato azionario e quindi merita un’ attenzione e una legislazione che consentano la maggiore autonomia possibile dalla giustizia ordinaria che si muove con eccessiva lentezza rispetto alla tempistica di quella sportiva.”    E la chiosa va ancora allo stesso Cantone: “La nostra società civile dev’essere in grado di fare autocritica: su Maradona perdonato in molte cose solo perché giocava bene, sulle amnistie di fatto dopo le vittorie ai Mondiali del 1982 e del 2006. Sono innamorato del calcio e noi innamorati questa “fidanzata” la vogliamo integerrima.”

Maria Villani

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