Il terzo posto nel gruppo F di Champions League è costato al Napoli la “retrocessione” nell’affascinante Europa League. Una competizione che ha visto una serie di incredibili alti e bassi nella storia recente degli azzurri, tra grandi gioie e sconfitte a sorpresa. Nelle urne di Nyon il Napoli ha pescato il RB Lipsia, squadra tedesca, seconda in Bundesliga alle spalle del Bayern Monaco.
La squadra
Il RasenBallsport Lipsia è la vera rivelazione della Bundesliga negli ultimi anni e sta prendendo lentamente il posto del Borussia Dortmund che non riesce a trovare continuità dopo l’epoca d’oro firmata Klopp. La squadra è allenata dal cinquantenne austriaco Ralph Hasenhüttl dal 2016 e alterna un tradizionale 4-4-2 ad un più offensivo 4-2-3-1. Il gioco sugli esterni con la valorizzazione delle punte tipico del calcio teutonico ritrova splendore nella squadra targata ‘Red Bull’ che ha in Poulsen e Werner i due finalizzatori principali della sua manovra. Le caratteristiche tecniche e fisiche dei due attaccanti si combinano perfettamente in un calcio che andava di moda qualche anno fa ma attualizzato e reso contemporaneo dal lavoro svolto dai centrocampisti e dagli esterni. Agile e scattante Werner, classico numero 9 fisico invece Poulsen, sono entrambi a 13 goal stagionali. Da tener d’occhio anche Naby Keita, centrocampista tuttofare guineano classe 1995, in grado di occupare tutti i ruoli della mediana. Agile, abile negli inserimenti centrali, aggressivo sui portatori di palla avversari e bravo a ribaltare immediatamente il fronte di gioco. Il classico centrocampista ‘box to box‘ che può prendere di infilata la difesa, sfruttando il lavoro di Poulsen e l’abilità nell’assist di Werner (già 8 i passaggi vincenti in stagione).
Ma qual è la proposta di gioco della formazione di Hasenhüttl?
La squadra ha un comportamento interessante sia in fase d’impostazione che in quella di non possesso. Il Lipsia comincia l’azione tendenzialmente con un lancio lungo verso i due attaccanti che giocano di sponda tra loro o allargando sugli esterni. Spesso l’azione parte direttamente dal rinvio del portiere, con uno dei due mediani che si abbassa tra i due centrali per agevolare la ricezione in caso di rinvio corto, formando quasi una linea a tre. I terzini si alzano allargando il campo e le ali stringono verso l’interno giocando quasi da trequartisti, contemporaneamente Naby Keita parte da dietro attaccando lo spazio sulle seconde palle. Il Lipsia sfrutta la grande fisicità di Poulsen e la sua abilità, assieme a Werner, di attaccare la profondità, generando subito densità nella trequarti avversaria, che gli permette, in caso di perdita del pallone, di attuare un pressing molto alto e aggressivo. In fase di non possesso il Lipsia si comporta in maniera simile al primo Atletico Madrid di Simeone, cercando di indurre la manovra avversaria verso gli esterni per andare a raddoppiarli con aggressività e costringerli o al lancio lungo o al retropassaggio al portiere.
Lo stadio
Lo Zentralstadion, dal 2010 rinominato Red Bull Arena, è l’impianto di gioco del RB Lipsia. Fu costruito al posto di uno stadio storico della Germania, progettato dall’architetto Karl Souradny nel 1955, conosciuto anche come ‘Stadion der Hunderttausend’, l’impianto dei centomila, perché questo era il numero di spettatori che poteva contenere. All’epoca il secondo stadio più grande d’Europa dopo il Velký Strahovský Stadion di Praga. All’inizio del nuovo millennio, con inaugurazione del 2004, l’impianto fu totalmente ricostruito, ripensato esclusivamente per il calcio. Il problema però era relativo ai costi di gestione e manutenzione, visto che la struttura non era, effettivamente, la casa di nessuna squadra in particolare, fino al 2009, quando la Red Bull fondò il RB Lipsia e acquistò l’impianto, ribattezzandolo un anno dopo, il primo luglio 2009, come Red Bull Arena. Lo stadio ha una capienza complessiva di 42.959, ridotta dai 44.345 per il recente ampliamento delle tribune stampa e d’onore.
“I più odiati di Germania”
Il RB Lipsia è diventato però famoso per un motivo particolare. Nell’ultimo anno ha conquistato l’appellativo di “Squadra più odiata di Germania” e la proprietà, la Red Bull, è la grande protagonista di questa storia. “Il calcio si gioca per suscitare emozioni, per regalare gioie alle persone. Loro giocano per farsi pubblicità. Questa è la commercializzazione del calcio che vogliamo combattere.”, questo slogan firmato da uno dei gruppi della tifoseria organizzata del Borussia Dortmund (gemellata con alcuni gruppi del Napoli) è la ragione principale per cui il RB Lipsia viene pesantemente fischiato in quasi ogni trasferta in terra teutonica. In una lega così attaccata alla storia e alle tradizioni come la Bundesliga, viene vissuto come un oltraggio il ruolo della Red Bull, che ha costruito una squadra da zero dal 2009, usando il calcio esclusivamente per fini commerciali. Anche la denominazione del club non è altro che un escamotage studiato dall’azienda per permettere di far apparire le iniziali RB nel nome della squadra. In Germania c’è una legge che vieta alle società di avere la denominazione di uno sponsor, fanno eccezione le ‘aspirine’ del Bayer Leverkusen in quanto il club è stato fondato prima dell’entrata in vigore di tale regola. Per questo il Lipsia ha assunto la denominazione di RasenBallsport, un acronimo per permettere di inserire le iniziali della Red Bull nel nome del club. Il Lipsia non rappresenta però gli esordi nel mondo del calcio per la Red Bull, che controlla anche il Salisburgo, in Austria, squadra con una grande tradizione alle spalle. In questo caso la Red Bull ha assunto totale controllo, cambiando anche i colori sociali del club nonostante una petizione firmata da otto mila tifosi fatta nel vano tentativo di impedire questo cambiamento. Dietrich Mateschitz però, imprenditore e co-fondatore della Red Bull, rispose con una provocazione regalando ai tifosi alla prima partita casalinga del Salisburgo degli occhiali con delle lenti viola che permettevano così di aver l’illusione ottica che la squadra giocasse con i suoi colori tradizionali.
Una sfida ricca di significati tecnici e culturali attende quindi gli azzurri il prossimo 15 e 22 febbraio, in questi sedicesimi di Europa League, con andata al San Paolo e ritorno alla Red Bull Arena. La squadra di Sarri se la vedrà con un avversario che ha grande voglia di costruirsi una storia nel mondo del calcio fatta di vittorie e risultati e non solo di controversie politiche e culturali legati ad un brand che fattura 5,11 miliardi di euro.
Andrea Cardone
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