Quattrocentottanta. Cioè una porzione di tempo più corta di una mattinata, di cinque partite di calcio, di un volo internazionale, molto meno di un viaggio in treno Napoli-Milano. Quattrocentottanta è la differenza tra i minuti giocati da Lavezzi, nella sua migliore stagione napoletana, e Mertens al suo anno del debutto. Eppure dentro questo spazio convivono troppe cose: la nostalgia, il futuro, le variegate filosofie del gioco del calcio. Ma pure Dries ed Ezequiel, per esempio.
Possibile un confronto tra due calciatori così vicini nei tempi, così lontani nello spirito e nel gioco di due Napoli diversi? Proviamoci. Perché una divergenza c’è ed è quella che uno (Mertens) sa segnare di più e l’altro meno. Inoltre è politically correct dire che Mertens ha un gioco e l’altro un altro. Il primo possiede un’impostazione che deriva da un’identità precisa, quella del calcio nord europeo. Non ce l’ha il Pocho, romanticamente sudamericano di stampo argentino. Una carriera di corsa e d’avventura, costruita sull’emozione: egli nei confronti del pubblico e i tifosi nei suoi confronti. Mertens, però, col suo profilo basso, meno forsennato (nel senso buono del termine) del Pocho, pian pianino sta scippando lo score di Lavezzi, che in un’ideale classifica di rendimento – mancano sei partite, Coppa Italia compresa – finisce dietro il ventisettenne belga di Leuven. E poi? Poi c’è la psicologia di un confronto che cresce sulle pagine di una sceneggiatura piena di dettagli accattivanti.
Dunque Dries ha giocato 2400 minuti, di questi 310 in Champions, 141 in Europa League e il resto tra campionato e Coppa Italia. Ha messo a segno nove gol, realizzato dieci assist, collezionando, però, ben venti sostituzioni e dodici subentri. Non è, invece, mai uscito dal campo Lavezzi nella sua ultima stagione napoletana (2880’), in assoluto la più redditizia per il Pocho, che alla 33esima giornata aveva al proprio attivo otto reti e undici passaggi decisivi. Una forbice ampia segna, tuttavia, la difformità tra Lavezzi e Mertens: il primo ha centrato il bersaglio ogni 75’, il secondo ci riesce ogni 61’. Insomma, il parallelo può funzionare e prendere una valenza precisa, perché i due attaccanti partono pure da prospettive d’impiego diverse: il Pocho era titolare ben stabile e indiscusso, mentre Dries non è proprio considerato tale da Benitez. Potrebbe essere valutato come una sorte di eccellente titolare, ma a tempo determinato. Una specie di “Co.co.co.” del Napoli: perché Mertens quando serve, è sempre pronto. Parta dalla panchina oppure inizi da titolare, ti consegna la vittoria contro la Juve e ti fa risalire la china, con quel gol-lampo a cento all’ora, contro la Lazio.
Con la sapienza di chi la sa lunga, Mertens contrappone la sua austera impostazione caratteriale di chi è nato nelle Fiandre (è un fiammingo di Leuven o Loviano) alla sanguigna visibilità guascone del Pocho argentino. Fari spenti e poche chiacchiere, dicono che sia un vecchio trucco per mostrarsi quando serve: cioè molto in partita e poco fuori dal campo di gioco. Come per dire: datemi spazio, vediamo come va a finire. Già ma quando Mertens smetterà di essere un precario? Magari potrebbe cominciare a non esserlo più anche nella nazionale belga – zeppa di talenti come Hazard, van Buyten, Fellaini, Vertonghe, Nainggolan – che s’annuncia come la vera sorpresa dei Mondiali brasiliani.
E se ciò accadesse, la Napoli dei tifosi chi la terrebbe più? Fa salti di gioia doppi, tripli e pure carpiati. Così mentre Benitez, stringe i pugni ma è soddisfatto: «Una sicurezza in attacco, qualche deficit ancora in fase difensiva». De Laurentiis si sente orgoglioso di aver pescato (perché il colpo Mertens è soprattutto suo) un attaccante di valore assoluto capace di smontare in tempi rapidissimi lo scetticismo di alcuni.
Allora chi vincerà la sfida tra presente e passato? Dries e il Pocho hanno lo stesso ruolo e occupano le stesse posizioni in campo. Viene da pensare che il giorno in cui finirà la stagione e le statistiche saranno complete e complementari, per l’uno e per l’altro, ci sarà chi farà a sportellate sino alla fine per aggiudicarsi il titolo di migliore ala del Napoli (era De Laurentiis). E sarà come un verdetto della cassazione: definitivo.
Fonte: Il Mattino.
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