Ovazioni e cori per Ezequiel Lavezzi, fischi (inizialmente solo dalle curve) misti ad applausi per Edinson Cavani. Ed anche uno striscione esposto in tribuna, «Chi la maglia azzurra ha onorato, mai sarà dimenticato. Pocho ed Edy, grazie». I napoletani non dimenticano. Non potevano dimenticare, il ritorno di due ex tanto illustri. Di coloro che si erano battuti per riportare in alto il nome di un club risorto dalle ceneri di un fallimento. E Lavezzi prima e Cavani poi, avevano contribuito, eccome: quarantotto gol ed un mare di assist, l’argentino; centoquattro reti, tra cui otto triplette, un poker ed un titolo di capocannoniere, l’uruguaiano. Se il Napoli ha potuto spiccare il volo nel calcio che conta, buona parte del merito spetta a loro. Eppure l’accoglienza non è stata la stessa per entrambi: forte simpatia per Lavezzi che al Napoli aveva dimostrato amore vero, legandosi come non mai alla città che era stata del suo connazionale Maradona ed ai tifosi partenopei; scorie di delusione, invece, per il distacco di Cavani. All’inizio fischi di due settori dello stadio ed alla fine, dopo un gesto di insofferenza dello stesso Matador, fischi del San Paolo intero, mostrando peraltro poca gratitudine nei confronti di chi aveva dato tanto prima del passaggio al PSG. Ma il tifoso è fatto così e quello napoletano riesce a cogliere anche da piccoli gesti la genuità di un calciatore, seppure un campione. Dagli spalti viene a galla tutto il sentimento popolare: cori sempre più crescenti per Lavezzi, lo scugnizzo prelevato da Pierpaolo Marino dal San Lorenzo de Almagro per soli sei milioni di euro. «Alè, alè, Pocho, Pocho», canta tutto lo stadio, ricordando quelle piroette che seminavano avversari come birilli. Fischi, ma anche applausi (inizialmente), dai settori tribuna e distinti, per il Matador, caratterialmente introverso e quindi meno capace di rapire il cuore della gente anche se aveva saputo deliziare la folla del San Paolo con le sue falcate da una parte all’altra del campo ed i suoi gol.
IN MATTINATA. Davanti all’albergo sul lungomare stesse scene di delirio per Lavezzi, qualche fischio per Cavani, accusato di essere legato al dio denaro ma non certo di aver privato del suo apporto alla scalata del Napoli verso la Champions e la prima Coppa Italia. Intanto da Castelvolturno, l’amico Christian Maggio, uno dei pochi ad aver giocato con entrambi, esternava su Twitter porgendo il bentornato ai due ex compagni di squadra: «Bentornati a Napoli. E’ stato un piacere giocare con voi».
NEL PREPARTITA. Dalla scaletta sbuca per primo Cavani. Fischiano dalle curve mentre applaudono da distinti e tribuna. Sono in cinquantamila circa. Ma Cavani è imperturbabile. Alza ripetutamente le mani ed applaude tutti. Forse anche un pò commosso. Poi sbuca lui, il Pocho, con la sua andatura caracollante, con la maglietta numero 22 (lo stesso che aveva a Napoli) e lo stadio si spella le mani ad applaudirlo, osannarlo, fargli capire che è rimasto nel cuore di tutti. Una serata struggente per entrambi, tanto che Cavani ha voluto i due figlioli, di cui uno in braccio, al momento delle squadre schierate.
DURANTE LA GARA. Di emozioni ne regalano poche i due ex. Anzi, Cavani, reagendo con un gesto della mano a chi continuava a fischiarlo ad ogni tocco della sfera, si attira le antipatie di tutto lo stadio concludendo amaramente questo suo ritorno a Napoli, mentre Lavezzi, osannato sempre di più, resta in campo anche nella ripresa, uscendo al 18’, dopo l’abbraccio ad Insigne e concedendosi una passerella davanti ad un’autentica standing ovation ed un coretto isolato di «pentiti» anche pro Cavani.
Fonte: Corriere dello Sport
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