A qualche giorno di distanza dalla finale di Coppa Italia, quando persino i festeggiamenti dei Napoletani si erano affievoliti, sul sito del Guerin Sportivo è apparso un articolo (clicca qui) che provava a rinnovare la polemica sui fischi da parte dei tifosi del Napoli durante l’inno nazionale. L’autore lamenta un presunto silenzio mediatico che, ammesso che fosse reale, l’articolo stesso avrebbe comunque debitamente interrotto, tornando sull’argomento a distanza di tempo, con toni accesi e una certa risonanza. Visto che non è apparso su una testata qualsiasi di ambiente regionale: oltre che sul Guerin Sportivo, il collegamento all’articolo appariva fino a stamattina anche sulla prima pagina del sito del Corriere dello Sport, dove acquistava ulteriore visibilità. In ogni caso, un silenzio mediatico sull’argomento non c’è stato affatto: l’episodio era comunque stato già stigmatizzato da diverse persone pubbliche più e meno autorevoli, oltre che menzionato e criticato dai media. Infine, la società è anche stata multata per l’accaduto. E in questo ipotetico silenzio, qualche giorno fa su un canale regionale come Quartarete durante la trasmissione sportiva Juve contro tutti, piuttosto che tacere si è pensato bene di insultare liberamente e senza alcun contegno la tifoseria napoletana (clicca qui per il video).
Silenzio mediatico: l’espressione a noi ricorda piuttosto quello che ha regnato in occasione dell’ultima trasferta del Napoli a Torino, quando insieme a tutti i cori e cartelli razzisti e di pessimo gusto (la nota invocazione al Vesuvio parla per tutti), rimasti del tutto ignorati e impuniti (clicca qui per l’articolo), alcuni tifosi napoletani pacifici e inermi, fra cui un bambino e un disabile, furono aggrediti da violenti, ovviamente supporter della Juventus (clicca qui e qui per leggere sull’argomento). L’insieme di avvenimenti fu segnalato sui media campani, ma trascurato fuori dai confini locali, e oltre al silenzio assoluto non ci fu alcuna sanzione alla società juventina, per quanto (di davvero poco edificante) si era visto nello stadio.
E allora, passando ai fischi dei Napoletani (pochi, d’altronde) durante l’inno: l’episodio esiste, ed è stato dovutamente sottolineato e stigmatizzato. Ma cosa significano quei fischi? Senza dover scomodare la storia moderna e la politica contemporanea, basti ricordare cartelloni quali “Benvenuti in Italia”, una delle tante manifestazioni indegne che la stampa, ma soprattutto le istituzioni da decenni ignorano e che i media, se interrogati, giustificano come goliardia. E allora, che fossero goliardici anche i fischi sull’inno? Magari non piaceva a tutti l’interpretazione a cappella di Arisa? Si potrebbero sempre trovare giustificazioni.
Ma la verità è un’altra: forse quei fischi erano intesi come provocazione, una critica dettata dall’esasperazione, contro l’abitudine secolare di vedere in un certo modo (ormai quasi scontato e accettato) il sud e Napoli. Se su Quartarete, durantre la trasmissione citata, si accusa in modo quasi autoparodistico il popolo napoletano perché “non si sentono parte di questo paese”, dimenticando che a farli sentire così ci hanno pensato da sempre tifosi (e non solo) di tutte le altre regioni, il problema allora andrebbe considerato in modo un po’ più serio e più ampio. La sacralità dell’unità nazionale è inviolabile, e i fischi hanno ricevuto le giuste condanne. Andrebbe considerato, tuttavia, che a violare tale sacralità non ci hanno pensato certo per primi i napoletani (e neanche per secondi). Ma nemmeno questa vale come giustificazione, anzi.
Però non si parli di silenzio, e non si finga stupore e sdegno di fronte a un gesto che, per quanto condannabile, e in ogni caso ridotto a un piccolo gruppo di tifosi, è soltanto il sintomo di una reazione. E nemmeno un riflesso incondizionato: è una reazione mossa dalla stanchezza, dall’esasperazione, è il residuo (d’altronde di scarso peso) di una condensa che comincia a risalire dal fondo del bicchiere, in cui ristagna da troppo tempo un clima insopportabile. Chi non avverte la necessità di aggrapparsi a polemiche pretestuose, in quei fischi non vede un insulto, ma una protesta: una denuncia.
Lorenzo Licciardi
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