La storia, a un certo punto, prese una piega e, all’alba del Terzo Millennio, s’intravidero le tracce del modernismo partenopeo, pennellate d’autore su un calcio da restaurare, una ventata di freschezza per rimuovere le antiche, dispendiose, ormai fatiscenti abitudini: il Duemila, eppure sembra un’esistenza fa, graffi sulla memoria che invita a rovistare tra la polvere d’un matrimonio consumatosi troppo in fretta, ancor prima che generasse idee ma giusto in tempo per lasciargli partorire i rimpianti. E’ Napoli-Roma, è Zeman che ritorna al San Paolo: e in quel vortice di ricordi che riemergono per ricostruire un romanzone divenuto un incompiuto, Filippo Fusco, all’epoca direttore tecnico d’un club già in disfacimento, insolitamente gestito da una diarchia (Corbelli-Ferlaino), sfoglia pagine intrise di malinconia per quello che sarebbe dovuto essere e che invece non fu.
DA ZOLA AL CRAC – Eppure, giugno di quel Duemila, nella suggestiva Mostra d’Oltremare, arrivarono in mille per ammirare il vanto dell’Est e sognare ad occhi spalancati una squadra con effetti specialissimi: «C’erano le condizioni per avviare un ciclo, invece si buttò a mare un progetto. In un contesto sempre più caotico, con due proprietari e troppe anime». Si scrive Zeman e si rilegge 4-3-3, ma quella volta costruito nel caos, con varie voci che si accavallarono e trasformarono la filosofia innovativa in una Babele rovinosa: c’era un Napoli «sciccoso» nella testa, nel quale avrebbe dovuto splendere la «stella» di Zola già contattato da Fusco con il Chelsea; finì per essere allestita una formazione con vari padri ma senza testa, nella quale invece brillò David Sesa (suggerito da consiglieri di Corbelli) inconsapevole protagonista di quell’estate spendacciona, consumata «bruciando» sedici miliardi di lire dell’epoca per affiancare lo svizzero a Pineda e ad Husain. «E’ dopo aver pareggiato in amichevole 1-1 ad Alicante con il Real Madrid, e dopo aver perso, immeritatamente, 2-1 in casa con la Juventus, si aprirono le crepe e s’intravide la debolezza d’una società spaccata».
LA BEFFA DELLA DIRETTA – Il tempo è un gentleman che lenisce le ferite ma tredici anni dopo, a ripensarci, sembra veramente d’essere piombati in un’altra epoca, così distante da quella dimensione arcaica: «Il paradosso fu l’esonero, a Perugia, dopo un pareggio, il secondo in sei giornate, maturato attraverso una gran prestazione e raggiunto dagli umbri grazie ad un rigore inesistente. Fu quella sera che Corbelli andò in t.v., alla Domenica Sportiva, e a sorpresa comunicò quello che nessuno, o che almeno io, in qualità di direttore tecnico, ignoravo: via Zeman, Mondonico nuovo allenatore». Era novembre, cinque mesi dal via di una «rivoluzione» ideologica, due mesi di campionato: l’istituto delle dimissioni, mai troppo utilizzato, viene avocato a sé da Filippo Fusco, che prima ancora d’essere un manager ed un avvocato, è uomo tutto d’un pezzo, un integralista, che strappa il contratto, ringrazia, saluta e si consuma nell’ira per aver visto spezzata quella illusione di spingersi oltre, nel modernismo zemaniano: «L’esonero fu un tradimento». Napoli-Roma è una clip: una nuvola di fumo che avvolge quell’era così breve.
A.S.