Ai microfoni di radio Punto nuovo ha parlato così è intervenuto Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani e membro della commissione medica FIGC. Ecco le sue parole:
“Rigore? L’errore umano ci sta, non c’era malizia. È una partita che non dava nulla, credo sia un errore umano. Mi dispiace che il Parma abbia avuto un positivo, stiamo lavorando affinché i tamponi vengano fatti almeno una volta a settimana, farlo ogni 3-4 giorni non serve. La positività di un elemento del gruppo squadra prevede che si attivi subito il contact tracing, quindi capire con chi è stato a contatto. Questo è un meccanismo che avviene a valle di una decisione che continuo a ritenere sbagliata, quella di non costringere il gruppo squadra a vivere almeno per un periodo, tutti insieme. Mettere tutti in una “bolla” significa per i ragazzi, che vivono una vita privilegiata, fare un piccolo sacrificio ed essere allontanati dalla famiglia per due settimane. Se io vivo la mia vita normale al di fuori del gruppo squadra, dopo aver terminato allenamenti o la partita, è sicuramente legittimo, ma rende faticoso anche il contact tracing. Sarebbe stato molto più semplice mettere tutti in “bolla” per un periodo determinato. È sempre bene partire dagli errori per capire cosa fare poi, intanto bisogna verificare i contatti di questo giocatore. Tornare allo stadio? L’emergenza è una cosa utile, ma non esaustiva. Non possiamo tornare indietro, va bene l’allerta, ma tutta la società va riaperta, compreso lo stadio. Dobbiamo rivedere le regole, adattarle al tempo che stiamo vivendo, in cui c’è il virus non più pericoloso come prima e che non possiamo combattere nei termini che abbiamo imparato. Se si possono fare spettacoli, concerti all’aperto, cinema all’aperto si può anche andare a vedere una partita, caricando alle società di essere responsabili. Se si aggiunge lo spirito del tifoso che è disposto ai sacrifici pur di riavere la bellezza dello stadio, credo che si può tornare allo stadio”.
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