“Sono triste, sì che sono triste per il Mondiale. Mi viene quasi da piangere. Il primo da presidente Fifa e l’Italia non c’è…”.
Parola di Gianni Infantino, numero uno del calcio mondiale che si racconta in un’intervista di Fabio Licari sulla Gazzetta in edicola oggi. Dalla Nazionale in crisi a Buffon, il presidente della Fifa parla di tutto: eccovi alcuni passaggi dell’intervista.
Ora siamo a cinque mesi esatti alla finale di Mosca.
“E mi sarebbe piaciuto consegnare la coppa a Buffon”.
“E mi sarebbe piaciuto consegnare la coppa a Buffon”.
Gigi è ancora indeciso se continuare. Se appendesse i guantoni, le piacerebbe averlo alla Fifa?
“Vado di persona a prenderlo”.
“Vado di persona a prenderlo”.
Un caso, l’eliminazione dell’Italia, o doveva succedere?
“Temo la seconda opzione. Da tempo c’erano segnali in questo senso. Poi il tiro di Darmian contro la Svezia poteva entrare, invece di prendere il palo, ma avrebbe solo nascosto i problemi. L’Italia era la prima al mondo per organizzazione, club, formazione, strutture, alimentazione, tattica. In tutto. Ma gli altri non sono rimasti a guardare, mentre noi abbiamo dimenticato che, senza il lavoro, il talento non basta. Quanti giovani passano in prima squadra?”.
“Temo la seconda opzione. Da tempo c’erano segnali in questo senso. Poi il tiro di Darmian contro la Svezia poteva entrare, invece di prendere il palo, ma avrebbe solo nascosto i problemi. L’Italia era la prima al mondo per organizzazione, club, formazione, strutture, alimentazione, tattica. In tutto. Ma gli altri non sono rimasti a guardare, mentre noi abbiamo dimenticato che, senza il lavoro, il talento non basta. Quanti giovani passano in prima squadra?”.
Un suggerimento per i commissari e per la futura federazione?
“Spero il commissariamento sia il più breve possibile. Uno o due uomini non possono cambiare una situazione che ha bisogno di un presidente forte, condiviso da tutte le parti, e con una strategia a lungo termine. Club, leghe, giocatori, tutti devono andare nella stessa direzione. Come in Germania negli anni 90, dopo la crisi di risultati. Come in Inghilterra dopo l’Heysel. Tutti al tavolo a pensare al bene comune. Oggi la Germania vince il Mondiale e a Confederations con i giovani, e l’Inghilterra è campione del mondo Under 17 e Under 20”.
“Spero il commissariamento sia il più breve possibile. Uno o due uomini non possono cambiare una situazione che ha bisogno di un presidente forte, condiviso da tutte le parti, e con una strategia a lungo termine. Club, leghe, giocatori, tutti devono andare nella stessa direzione. Come in Germania negli anni 90, dopo la crisi di risultati. Come in Inghilterra dopo l’Heysel. Tutti al tavolo a pensare al bene comune. Oggi la Germania vince il Mondiale e a Confederations con i giovani, e l’Inghilterra è campione del mondo Under 17 e Under 20”.
Eppure l’Italia resta spesso un laboratorio d’idee. Sul mercato da ristrutturare, per esempio. Sulla Var. Perché?
“Nel nostro Dna c’è la creatività. Riguardo al mercato, capisco che sia un’urgenza italiana: quando c’erano soldi, diritti tv, successi nelle coppe, il problema era meno sentito. Ma comunque c’è da intervenire per tutti. E subito. Sono già al lavoro, ho presentato un piano con undici proposte al comitato stakeholder”.
“Nel nostro Dna c’è la creatività. Riguardo al mercato, capisco che sia un’urgenza italiana: quando c’erano soldi, diritti tv, successi nelle coppe, il problema era meno sentito. Ma comunque c’è da intervenire per tutti. E subito. Sono già al lavoro, ho presentato un piano con undici proposte al comitato stakeholder”.
Ormai è chiaro che vedremo la Var al Mondiale…
“Decide l’Ifab a marzo, ma la raccomandazione è stata forte. Ero scettico due anni fa, quando la proposi, subito dopo l’elezione. Ma allo stesso tempo, essendo cresciuto a pane e Gazzetta, e ricordando tutte le polemiche, mi sono detto: “Se non proviamo”… Non si torna indietro, è stata una rivoluzione”.
“Decide l’Ifab a marzo, ma la raccomandazione è stata forte. Ero scettico due anni fa, quando la proposi, subito dopo l’elezione. Ma allo stesso tempo, essendo cresciuto a pane e Gazzetta, e ricordando tutte le polemiche, mi sono detto: “Se non proviamo”… Non si torna indietro, è stata una rivoluzione”.
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