Undici stagioni e trecento e passa maglie azzurre. Trecentotredici per la precisione. Il che per Moreno Ferrario vuol dire stare solo un passo indietro a quei due monumenti che si chiamano Juliano e Bruscolotti, con i quali ha pure giocato. Più con Bruscolotti, con il quale ha vinto anche uno scudetto, in verità. Con Totò Juliano, infatti, nel 1977, il suo primo anno azzurro, in campo ebbe solo il tempo di sfiorarsi.
E allora signor Ferrario: 313 presenze. Ricorda pure quanti gol ha fatto in quelle undici stagioni da napoletano?
«Otto. E li ricordo tutti: sette su calci piazzati e uno solo su azione. Indimenticabile perché fatto alla Juve in quello storico 1-3 a Torino del 1986. Una partita che mise il Napoli sulla via del primo scudetto».
Vada avanti.
«Eravamo sotto di un gol. Angolo per noi. Batte Maradona. Agnolin lo fa ripetere. Nuovo cross, qualcuno tocca di testa e il pallone finisce a me più o meno al centro dell’area di rigore. Per rubare il tempo a tutti tiro col sinistro che non è neppure il mio piede e faccio gol. A fine partita sa che cosa dissi a Stefano Tacconi? Gli dissi: il vostro errore, l’errore della Juve, è stato quello di non considerarmi troppo. Non fosse stato così, infatti, in area di rigore non mi avreste fatto marcare da Michel Platini, bravissimo in tutto, ma non in difesa».
Certo, però, caro signor Ferrario, prima di quel gol alla Juve, qualche guaio al Napoli l’aveva pure combinato.
«E’ vero. E pure quel ricordo mi rincorre ancora. Era l’81. Feci autogol regalando il successo al Perugia e praticamente allontanando il Napoli da un possibile scudetto. Eppure, nonostante tutto, i napoletani mi mostrarono molta simpatia e solidarietà. L’avevo fatta grossa, ma capirono il mio stato d’animo e mi diedero coraggio».
Ci vede analogie tra quella partita con la Juve dell’86 e quella di sabato prossimo?
«Sì che ce ne sono. Intanto, oggi come allora, Juve e Napoli sono prime a pari punti; poi più o meno siamo alla stessa giornata; infine, si gioca a Torino».
Forse c’è pure che il Napoli di oggi, come quello di quel tempo, ha finalmente trovato equilibrio anche in difesa. Per ora è la migliore. E i campionati, si sa, oltre che con un buon attacco, si vincono se anche la difesa regge bene.
«Giusto. E’ vero pure questo. Anche se, senza presunzione, credo che quella linea formata da Bruscolotti, Ferrario, Renica ed io sia stata una delle più forti d’ogni tempo. Anche se, paradossalmente, nessuno di noi, allora giocava in Nazionale. E ad uno almeno, a Beppe Bruscolotti, non mancava proprio nulla per indossare anche quella maglia».
Parliamo del presente. Il Napoli rispetto alla stagione scorsa, prende meno gol. Lei come se lo spiega?
«Probabilmente perché il centrocampo ora copre meglio. Probabilmente perché gli azzurri sono cresciuti in esperienza. Probabilmente, anzi, sicuramente perché è arrivato un giocatore funzionale alla crescita della linea difensiva. Mi riferisco a Gamberini. E qui bisogna ammetterlo: il Napoli è stato veramente bravo. Attento. Intelligente».
Spieghi meglio.
«Voglio dire che in luglio e agosto non ha rincorso nomi da offrire in pasto ai tifosi, ma ha puntato su giocatori funzionali al miglioramento della squadra. Gamberini e Behrami non sono calciatori che eccitano la fantasia del tifo, è vero, ma sono due uomini essenziali per il Napoli di oggi. Oltre a Cavani e Hamsik, si capisce».
Ma oggi il Napoli e la Juve sono alla pari oppure no?
«Sono alla pari, su questo non ho dubbi. Anzi, dico di più: dico che presi singolarmente, in qualche zona del campo il Napoli ha anche qualche valore in più. Valore tecnico, intendo».
Dal centrocampo in su?
«Appunto. Ma complessivamente le due squadre mai come oggi si equivalgono».
Anche nella corsa allo scudetto?
«Soprattutto. Saranno loro due a contenderselo sino alla fine. Una sorpresa? Penso alla Fiorentina. Un po’ meno ad un recupero dell’Inter. No, alla fine il titolo di campione sarà affare tra due squadre. Quelle due».
E sabato a Torino come finirà?
«Beh, questo non lo so. Certo, la Juve gioca in casa e su quel campo non ha mai perduto, ma il Napoli ha un vantaggio. Anzi, a pensarci bene, ha un grandissimo vantaggio. La Juve, infatti, come dice la gente del calcio, dovrà fare la partita. Dovrà attaccare, sbilanciarsi anche. E il Napoli, si sa, aspetta proprio questo. E nessuno meglio del Napoli sa far gol quando ha la possibilità d’andare in contropiede».
Dica la verità. Il campo, il prato, l’odore dell’erba un po’ le manca?
«Un poco? Mi manca tantissimo. Mi piacerebbe tornare ad insegnare calcio ai più piccini. E’ quello che so fare e che mi piace fare. Però, mi sta bene anche fare quel che faccio adesso: l’osservatore per conto del Novara. Lavoro con Attilio Tesser, mio amico e vecchio compagno di squadra proprio al Napoli e sono felice anche così».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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