Rigorista non si nasce, si diventa. Parola di Moreno Ferrario, che negli anni Ottanta i compagni in maglia azzurra nominarono sul campo tiratore scelto. Proprio così, sul campo.
«Fu a Salerno. Rigore per noi e non si sapeva chi doveva andare sul dischetto. Fu Bruscolotti a dirmi: vacci tu. Io? Ma se non ho mai tirato un rigore in vita mia? Vai, vai, di te ci fidiamo, mi disse. Tirai, feci gol e nei i due anni successivi fui io il primo rigorista della squadra».
Però, è vero pure che da quel momento Ferrario studiò da rigorista. Pallone sul dischetto e ad ogni allenamento uno, dieci, cento tiri. Bilancio: otto rigori e sette gol.
«Sì, uno lo sbagliai. Era l’84, a fine campionato. Avemmo due rigori: il primo lo segnai, l’altro alzai troppo il tiro e il pallone finì fuori».
Udinese, rigore, gol mancato. Storia anche recente. E’ capitato a Cavani l’altra sera. Visto che cosa ha combinato El Matador?
«Visto. Ma ho visto pure che cosa ha saputo fare dopo. Un errore grave e poi due gol. Una reazione straordinaria». E in quanto al rigore, invece? «Cavani ha calciato giusto come non si deve mai calciare: praticamente niente rincorsa, insicurezza, tiro centrale, lento. Ma succede».
Già, capita. Ma il problema è che al Napoli questa storia dei rigori sbagliati sta capitando troppo spesso: 8 i tiri dal dischetto in questo campionato e addirittura 5 quelli sprecati malamente. Tre da Cavani e due da Hamsik. Come si possono spiegare tanti errori?
«Molti dicono che oggi, avendo la possibilità di studiare meglio i rigoristi, i portieri sono diventati assai più bravi. Può darsi, ma la mia teoria è un’altra. E’ che quando il pallone sta là, a undici metri dalla porta, non conta nulla se sei un campione oppure no. Valgono solo la tranquillità e la sicurezza con la quale tiri. La mia storia è indicativa. La storia di un difensore dal piede nient’affatto vellutato, eppure bravo dal dischetto».
Vuol dire che Hamsik e Cavani non sono sereni quando battono i rigori?
«Nelle occasioni in cui hanno sbagliato, così è stato. Altrimenti, come spiegare quel tiraccio di Cavani a Udine?».
Sarebbe meglio se d’ora in avanti El Matador non ne tirasse più?
«Assolutamente no. E’ che quando gli capiterà di nuovo, dovrà essere sereno, tranquillo, sicuro. E poi dovrà mirare l’angolo preferito e tirare con la potenza giusta. Sono sicuro che si rifarà».
Esiste il rigore perfetto?
«Certo che esiste. Me lo spiegò il barone Liedholm quando, dopo undici stagioni al Napoli, andai a giocare con la Roma. Mi disse: vuoi segnarli tutti? Allora manda il pallone tra il palo e il ferro di sostegno della rete. Là il portiere non ci può arrivare».
E lei fece così?
«No. A me piaceva mandare il pallone dalle parti dell’incrocio. Un rischio? Macché. Quando il pallone è sul dischetto i rischi sono tutti del portiere. Se ci vai tranquillo e se già hai scelto l’angolo, non puoi aver problemi. Ed è proprio questo che consiglio a Cavani per il prossimo rigore».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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