Ciro Ferrara, allenatore della Sampdoria, racconta in un’intervista alla Gazzetta dello Sport la sua carriera da calciatore e poi da tecnico.
5 maggio 1985: Rino Marchesi in panchina, minuto 29 del primo tempo, Ferrara in campo per Ferrario. Al suo fianco,Maradona. Contro di lei, Platini. E Boniek da marcare...
«Io potrei risponderle: 9 giugno 2005, giorno in cui smisi di giocare. Ma ricordo bene quella data, fu la mia prima gara in A. La mia storia calcistica nacque quel giorno. Domenica sarò avversario con un ruolo diverso rispetto al passato. Per una volta, l’obiettivo sarà assolutamente divergente».
Considera il Napoli di oggi attrezzato per lo scudetto?
«Penso di sì, anche se credo che la Juve, per storia e forza, abbia ancora qualcosa in più. Il Napoli deve sperare che la Juve a primavera, quando riprenderà la Champions, accusi un po’ di stanchezza e, soprattutto, non abbia le stesse motivazioni dell’anno scorso. Potrebbe sfruttarlo. E’ migliorato sul piano dell’organico, forse il suo limite durante il campionato scorso».
A Napoli la chiamavano Stielike, o carrarmato.
«Il secondo soprannome era poco usato. Il primo mi fu dato perché c’erano due Ciro Ferrara in Primavera. L’altro era Totò, per me scelsero quello del libero della Germania».
Il giorno della presentazione al San Paolo di Maradona…
«…ero in campo, premiato proprio da Diego per lo scudetto conquistato con gli Allievi. Dopo quindici giorni, come premio, mi allenavo già in prima squadra».
I suoi sentimenti per questo Napoli? Stima, rispetto…
«Profonda gratitudine per ciò che negli anni il presidente De Laurentiis è riuscito a fare ricostruendo la società fino a riportarla ai vertici del calcio italiano e a ben comportarsi in Europa. Un ottimo lavoro anche per l’importanza della città di Napoli e
della sua squadra nel calcio italiano ».
Lei vive da anni a Torino, e Napoli è solo il luogo delle vacanze.
«E le sembra poco? Le vacanze a Napoli sono splendide. I miei figli, però, sono cresciuti a Torino, ma laggiù ho la mia famiglia. E, appena posso, scappo a casa».
In cosa differiscono i calciatori diciottenni di oggi da quelli del suo tempo?
«Molto. Non so se sia una questione di rispetto,ma quando entrai nello spogliatoio del Napoli, quell’anno, lo feci in punta di piedi. Finché dopo dieci giorni i compagni mi dissero: “Smettila di rivolgerti a noi con il lei”».
Il suo rapporto con Diego?
«Non lo sento da tempo, ma ha rappresentato tanto per la mia carriera. La prova più grande me la diede quando venne al San Paolo per il mio addio al calcio. Volevo che tornasse ad abbracciare i suoi tifosi e quel gesto ha voluto dire tantissimo per me. Fu un’ulteriore dimostrazione di affetto nei miei confronti ».
Che effetto le fa dover fare lo sgambetto al Napoli?
«Guardi, non credo che il Napoli verrà a Genova per fare sconti a Ferrara nè quindi accadrà il contrario. Io chiedo solo ai miei ragazzi lo stesso coraggio e determinazione di queste prime cinque partite. Il Napoli sulla carta è più forte. Se sarà più bravo, gli stringeremo la mano. Di sicuro non ci faremo condizionare dal nome dell’avversario».
Fonte: Gazzetta dello Sport
La Redazione
C.T.
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