Barbara Berlusconi, vicepresidente del Milan e candidata a raccogliere l’eredità calcistica del Cavaliere, ha letto il suo libro tutto d’un fiato. «Il pallone non entra mai per caso» è il racconto del ritorno del Barcellona ai vertici del calcio dopo stagioni sofferte. Lo ha scritto Ferran Soriano, 45 anni, vicepresidente del club catalano dal 2003 al 2008. Due mesi fa è rientrato nel calcio: Ceo del Manchester City, pieni poteri nel club campione d’Inghilterra.
«Il pallone non entra mai per caso» è la storia del Barcellona ed è il sogno di tutti i presidenti: arrivare ai vertici mondiali e mantenere l’equilibrio finanziario, non indebitandosi ma arricchendosi.
«È la storia di un successo basata su principi molto semplici e applicabili a qualsiasi lavoro e alla vita in generale. Il caso esiste e influisce sui risultati in alcuni momenti delle organizzazioni e delle aziende, però, in un arco di tempo sufficientemente ampio, il caso non è il fattore definitivo: lo sono, invece, il lavoro e l’intelligenza. Nel libro si fa l’esempio del rigore fallito dal Chelsea nella finale della Champions 2007 contro il Manchester United. Nello scorso maggio, poi, il caso è stato dalla parte del Chelsea e Drogba ha segnato il rigore nella finale contro il Bayern Monaco».
Lei afferma un principio: vince chi investe più denaro. E l’equilibrio finanziario?
«C’è una relazione diretta tra quanto si spende per i salari dei calciatori e il rendimento in campo. I migliori giocatori bisogna pagarli e per farlo in una maniera che sia sostenibile da parte dell’azienda è necessario generare entrate. È un circolo virtuoso: hai i giocatori migliori, si crea un buon prodotto, cioè la squadra, vinci e generi entrate, che ti servono per continuare ad investire nei migliori giocatori e ad andare avanti vincendo. E a generare nuove entrate ovviamente».
Il Barcellona è diventato ricco anche grazie a tournèe e affari commerciali in Oriente.
«I mercati non europei sono una grande opportunità per i club, però sono difficili da inseguire. Il calcio cresce molto, ma non abbiamo incontrato modelli aziendali che funzionino».
Quale valore ha la cantera per il Barcellona? È un modello unico?
«L’impegno nella cantera è imprescindibile: non si può sostenere un club finanziariamente se gran parte dei giocatori non viene formata in casa. L’esempio del Barcellona è spettacolare».
Quanto può cambiare il calcio attraverso il fair play finanziario imposto dall’Uefa?
«Non credo troppo: le società hanno già manifestato la volontà di essere autosufficienti sotto l’aspetto finanziario».
Qual è il suo giudizio sul calcio italiano?
«Lo vedo in un momento difficile, storicamente difficile. Fino ad alcuni anni fa riuniva i migliori giocatori al mondo. Oggi non è più così e molti di quei giocatori sono in Inghilterra, Germania e Spagna. È necessario impegnarsi affinché le entrate aumentino per poter pagare i migliori calciatori senza dipendere dalla tasca di ricchi proprietari come Berlusconi o Moratti. Gli stadi sono la sfida più importante».
Al momento soltanto un club italiano, la Juve, è proprietario dello stadio.
«Il tema è importante specialmente in Italia, l’unico grande Paese europeo in cui non ci sono stati sufficienti investimenti negli stadi e in cui molti impianti sono di proprietà comunale. Affinché il calcio italiano possa nuovamente svilupparsi è necessario avere buone strutture e offrire buoni servizi ai tifosi».
Il Napoli è un esempio virtuoso di azienda calcistica: otto anni fa era in C1, è cresciuto fino ad arrivare ai vertici della A e delle competizioni europee, mantenendo l’equilibrio finanziario, con cinque bilanci in utile.
«Non conosco bene la situazione del Napoli, tuttavia per la sua tradizione, la sua storia e il suo attuale proprietario ha le possibilità per essere uno dei grandi club d’Europa. De Laurentiis è un uomo di grande esperienza negli affari e in particolare nell’industria dell’intrattenimento, con idee che si possono applicare al calcio: rappresenta una grande opportunità per il Napoli».
Anche De Laurentiis vuole puntare sul mercato commerciale orientale, come fece il Barça per diffondere la sua immagine e far aumentare gli introiti.
«Ci saranno opportunità per il Napoli all’estero se vincerà. Si deve conquistare lo scudetto o un trofeo internazionale e avere alcune stelle in formazione: tutto passa da qui».
Il Barcellona ha la stella Messi, nel Napoli c’è Cavani.
«Cavani è uno degli attaccanti di grande prospettiva in Europa. Un big».
Da due mesi lei è il Ceo del Manchester City, il club dello sceicco Mansour: come si conciliano gli illimitati investimenti arabi con il fair play finanziario?
«Il Manchester City cresce in maniera straordinaria e lavora per essere indipendente sotto l’aspetto economico: siamo sulla buona strada».
Fonte: Il Mattino
La Redaione
P.S.
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