Quanti sono lunghi ventisette mesi? E quant’acqua è scivolata via, dal luglio 2011 a domenica 6 ottobre 2013? Cosa c’è voluto per darsi una risposta e smetterla di farsi la solita, oziosa e anche un po’ odiosa domanda? Si scrive Fernandez e si rilegge il calcio in ogni sua interpretazione: perché questa è una storia strana ma anche autenticamente vera, che dimostra – e sottolinea e ribadisce – la vacuità di qualche giudizio (in un senso, nell’altro) e che testimonia quanto sia possibile modificare un destino. Visto da lontano, da quell’estate in cui Federico Fernandez arriva a Napoli dall’Estudiantes, siamo dinnanzi ad un autentico affare: perché con due milioni e seicentoimila euro, in Italia compri ben poco, non certo un nazionale (e dell’Argentina), uno che deve allenarsi con Messi ed Higuain, che dunque deve essere in grado di rappresentare (almeno) un’opposizione. Poi va a finire che el flaco finisca addirittura per diventare il titolare della retroguardia di una delle squadre più forti al Mondo (indiscutibile, vero?) e allora, siamo dinnanzi al «colpo».
CONTROINDICAZIONE – Ma il calcio è materia strana e chi in Sud America riesce ad imporsi a ventuno anni, a Napoli fatica: sarà colpa della difesa a tre, o anche di una presunta (o chissà quanto reale) allergia ad affidarsi a talenti ancora in erba. Sta di fatto che Fernandez diventa una sorta di rompicapo, perché intanto Sabella, il ct della Nazionale argentina, procede con le sue convinzioni, porta il panchinaro del Napoli con sé, lo lascia nel bel mezzo della propria difesa, gli consegna le chiavi del settore e gli concede in dote una bella dose di autostima: 19 presenze nel biennio in cui con Mazzarri ne ha messe assieme soltanto diciotto (in campionato), dovendosi accontentare innanzitutto del turn-over. Una riserva che fa il protagonista al fianco di Messi, che incide alla qualificazione, che non risente di una precarietà espressa nei numeri.
DOUBLE FACE – Qualcosa di buono però c’è ed in una serata che sembra catastrofica, all’Allianz Arena, si consuma la prima ribellione ai pregiudizi di Federico Fernandez, che con il Napoli sotto di tre reti dà un senso a quella partita: un colpo di testa per cominciare, un altro per cercare di animare il finale. Vabbè, è un segnale: però va colto. Ma non basta.
ARRIVEDERCI, ANZI NO – Poi alla lunga qualcosa deve cambiare, innanzitutto l’aria: e Fernandez sceglie di emigrare ancora, stavolta va in Spagna, al Getafe, squadra in crisi che risorge anche grazie a questo «pioppo» che oscilla ma resiste, si toglie la soddisfazione persino d’un gol e comunque di un finale ricchissimo. E’ mercato: può tornare al Getafe, può andare in Germania, può scegliere l’Inghilterra: ma Bigon insiste, ci crede, ne parla con Benitez – che è amante indiscutibile della difesa a quattro – e si ricomincia la rivalutazione d’un capitale, due milioni e seicentomila euro, per uno che ha appena ventiquattro anni e che domenica, contro il Livorno, viene preferito a Cannavaro, il capitano e la bandiera del Napoli. FF: cosa l’avrebbero portato a fare ancora al San Paolo, se non avessero pensato di averci visto giusto…? La corsa continua…
Fonte: Corriere dello Sport.
La Redazione.
D.G.
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