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Fate largo: il Pipita Higuain è finalmente tornato, alla fine l’abbraccio con Benitez

L’uomo che esprime l’attacco, la ricerca del momento più bello di questo sport che è il gol. Ieri, a Marsiglia, in mezzo a un vento che sembrava una burrasca in alto mare, il calcio ha raccontato al Napoli due belle storie di centravanti. La settimana aveva alzato polvere attorno al Pipita, la perla del mercato azzurro; e nella polvere si agitavano fantasmi preoccupanti, con referti medici che parlavano di completa guarigione e il testone barbuto da bassorilievo greco che scuoteva dicendo un no che sapeva di ipocondrie devastanti. Si cominciava a mormorare di un carattere debole e fragile, di paure antiche e mai superate; si cominciava a riflettere su una scelta di compravendita molto più favorevole per il Real venditore che per il Napoli acquirente. E si rivedevano i tristi venti minuti di Roma, con un Higuain trotterellante per il fronte offensivo, puntualmente anticipato dai difensori avversari. La sintesi di tutto ciò, a poche ore dalla partita del Velodrome, si concretizzava nell’ipotesi di un’altra panchina che avrebbe dato, senza più dubbi, il fragoroso inizio di un vero e proprio caso. Già si attendeva l’ingresso in campo di Pandev, e comparivano i fantasmi di Londra, quando a sorpresa un sorridente Pipita comincia il riscaldamento. E gioca, battendosi bene, dando e prendendo botte come un centravanti deve fare, sporcando la prestazione gettando alle ortiche una splendida occasione e ripulendola con un assist degno della miglior mezzala. Quando esce, dopo un’ora e secondo quanto programmato, sorride ancora, il Pipita. E abbraccia lo Stratega, distribuendo il cinque a tutti i compagni della panca e lasciando la sua squadra in vantaggio, da centravanti ritrovato. Fate largo, il Pipita è di nuovo tra noi. Ma il calcio non smette di raccontare le sue storie, ed è una così bella atmosfera quella dello stadio marsigliese che sa di mare e di vento; e allora ne racconta un’altra di storia di centravanti, perché il mister col pizzetto ne tira fuori dal cilindro un’altra. Ci si aspetterebbe, al posto del ritrovato ma stanco Pipita pronto per il campionato, il sostituto usuale, cioè il macedone Pandev; in alternativa, come più volte sbandierato in conferenza stampa, il passaggio del duttile Callejon al centro dell’attacco con l’ingresso del Magnifico, utile negli spazi che il Marsiglia avrebbe aperto. Ma è la notte dei centravanti azzurri, e allora di centravanti nati, cresciuti e pasciuti in panca ce n’era uno e uno solo: perché non spararselo stasera?, avrà pensato Benitez. E così ecco Zapata, detto Duvan, anni ventidue, fisico, voglia e finalmente minuti da mettere sul piatto del destino. Se la gioca, il ragazzo, e bene. Botte date e prese, falli, qualche errore di misura e molto fisico come un centravanti deve fare in queste situazioni. E oltre il fisico e la voglia, il ragazzo dimostra anche il piede adeguatamente sudamericano, come un centravanti deve avere se gioca nel Napoli. Così, quando il folletto Mertens (che vorremmo vedere più spesso in campo) tira fuori dal cilindro una fantastica magia, il ragazzo inquadra l’incrocio nel mirino e sfodera il colpo del campione. Bene, molto bene, perché il Marsiglia trova il jolly a pochi minuti dalla fine e senza il gol del ragazzo ci saremmo giocati anzitempo la qualificazione, dato il risultato di Londra. Ma nella notte del vento di Marsiglia c’è troppo azzurro per tornare a casa con un pugno di mosche. Nella notte dei centravanti, il Napoli arriva senza attaccanti centrali e torna a casa avendone addirittura due: se questa non è una bella storia, allora il calcio è diventato muto.

Fonte: Il Mattino

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