Si riparte con il rito della colazione al bar. Caffé e cornetto sono stati per mesi vero oggetto del desiderio. Ma nella giornata del liberi tutti, in pochi se la sentono di fare salti in avanti. C’è chi prende le misure con le regole da adottare, chi le perfeziona in corsa, e ogni Regione aspetta di vedere come si evolverà la curva del contagio per prendere decisioni definitive. Così come previsto, purtroppo, sono tante le attività commerciali che hanno deciso di non ricominciare: «Impossibile a queste condizioni», dicono. Per Confesercenti il 40% per ora resta chiuso. Ognuno, però, ha il suo passo. E così il governatore del Veneto Luca Zaia rivendica: «Abbiamo riaperto praticamente tutto», anche i confini con le Regioni vicine. All’estremo opposto, la Campania del ribelle Vincenzo De Luca ha scelto di non firmare l’accordo con il governo. Si è tornati al bancone del bar a Napoli per la tazzulella e’ cafè. Per il servizio al tavolo e i ristoranti bisognerà aspettare giovedì. Chiuse le griffe a Capri, mentre a Ischia riaprono gli alberghi, sperando nei turisti. Nel Lazio al via il commercio al dettaglio, compresi centri commerciali e outlet, i mercati sulle aree pubbliche. A prescindere dalle cautele alle quali continuano a invitare i componenti del Comitato scientifico. Hanno ricominciato i barbieri, i parrucchieri, gli estetisti e pure i tatuatori, oltre agli agenti di viaggio. A Roma, per evitare code e assembramenti, le riaperture sono state scaglionate per fascia oraria e tipologia di attività. In Toscana, secondo Confcommercio regionale, ha riaperto oltre il 90% dei negozi ma per i pubblici esercizi la ripartenza è più lenta. Boom di acquisti nei negozi e nei centri commerciali a Palermo, ma in Sicilia tutti dovranno indossare le mascherine sia all’aperto che nei luoghi pubblici al chiuso.
In Piemonte invece riapertura di bar e ristoranti posticipata al 23 maggio: cautela per una regione ancora colpita dal virus. Come le altre, che guarderanno ai dati e a nuovi, possibili focolai. «In caso si superi il livello di allerta – ricorda il ministro Francesco Boccia – e le Regioni decidano di non chiudere, può intervenire lo Stato».
Grandi assenti, i turisti. Fa una certa impressione vedere le città d’arte, che in questo periodo registrano il sold out, praticamente vuote e senza stranieri che fanno selfie davanti ai monumenti. La ripartenza 69 giorni dopo il blocco, da ieri, è una realtà, anche se il 18 maggio è iniziato ancora prima della mezzanotte con il countdown di alcune radio per la fine dell’obbligo dell’autocertificazione per spostarsi in città. Le attività commerciali hanno riaperto a orari scaglionati. Si è rivolto a loro il premier Giuseppe Conte fermandosi a salutare i negozianti attorno a palazzo Chigi. «Faremo di più», ha promesso. C’è chi cambia le vetrine con ancora esposti maglioni e giacche pesanti e ovunque appaiono oggetti fino a pochi mesi fa impensabili: disinfettanti, mascherine, termometri per la febbre. Le grandi catene vanno alla grande: fila fuori, commessi che distribuiscono guanti, calma e sorrisi (sotto la mascherina). Ma non è così per tutti, anzi.
Al bar è tornato il rito del caffè ma hai voglia a dire normalità: si fa finta di niente, però si entra da una parte e si esce dall’altra e davanti alla cassa c’è un pannello di plexiglass. Forse c’è anche questo nella scelta dei caffè storici di non aprire ancora: chiusi il Gambrinus e la Caffetteria dei Martiri a Napoli, chiusi il Florian e il Quadri a Venezia. «Va tutto molto piano – dice Fabrizio Murena, che ha il bar in via XX Settembre a Genova – Dobbiamo invitare le persone ad entrare, c’è paura. La partenza non è incoraggiante». I negozi del lusso sono aperti e vuoti. Lo erano anche prima, ma a riempirli ci pensavano i turisti.
I più richiesti sono loro: barbieri e parrucchieri. Anche ieri che era lunedì, giorno storico di chiusura. Ma questa è un’epoca nuova dove per farsi fare la messa in piega si può attendere anche una settimana. Salvo Binetti, parrucchiere a Molfetta, ha aperto a mezzanotte in punto. «Non vedevamo l’ora». Nessuna fila invece ai ristoranti. A pranzo c’è qualche temerario ma i tavoli – distanziati – sono quasi tutti vuoti.
UN NUOVO MONITORAGGIO
Intanto in seno al Cts prosegue l’esame sulle modalità delle riaperture legate ai vari protocolli. L’attenzione si sarebbe concentrata adesso sul monitoraggio, oltre che del Covid-19, anche dell’applicazione delle norme. In particolare gli scienziati che rivendicano di non avere poteri decisori, vogliono formulari suggerimenti al governo per quanto riguarda una doppia responsabilizzazione individuale e sulle istituzioni preposte a far osservare le norme, come la polizia locale, carabinieri, questura. I vigilanti devono aumentare i controlli affinché tutti indossino mascherine, distanziamenti e le altre prescrizioni.
fonte: ilmattino.it
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