«Napoli non ha una sola squadra di calcio, ma due». Marilù Faraone Mennella comincia così la sua chiacchierata con Il Mattino rilanciando la palla, è il caso di dire, nel campo avversario. «Il rapporto con De Laurentiis? È un problema del Comune non nostro». Scoppiettante l’incipit. Il tavolo dello studio dell’imprenditrice è coperto da decine di progetti, si stagliano però due scatoloni neri su questa grande scrivania. «In quelli là c’è il nostro progetto presentato al Comune». L’oggetto, ovviamente, è la costruzione del nuovo stadio e del revamping del San Paolo. La manifestazione di interesse messa in campo da Palazzo San Giacomo ha visto un solo project financing, quello del gruppo Idis-Aedes-Cimolai che fa capo appunto all’imprenditrice e moglie dell’ex numero uno di Confindustria Antonio D’Amato.
Allora dottoressa un solo progetto, il suo, per il nuovo stadio. Cosa significa?
«Può avere molti possibili significati. Sicuramente la grave crisi economica non giova, ma anche che nessuno ha inteso impegnarsi in questa fase».
Tuttavia lei ha presentato un project financing per un investimento complessivo di circa 700 milioni. Mica bruscolini.
«Sì, piano solido basta vedere il gruppo di imprese che è in campo. Ho raccolto la sfida lanciata dall’amministrazione per dimostrare che a Napoli è possibile realizzare progetti di caratura internazionale. Abbiamo anche accettato regole volute dal Comune per garantire una partecipazione più ampia di quella già prevista dalla legge con questa ulteriore fase di manifestazione d’interesse. Certo, ora siamo soli e un po’ mi dispiace, avrei preferito confrontarmi con altre imprese».
Comunque non è certo che sarà lei a fare il nuovo stadio, nello specifico a Ponticelli, e la ristrutturazione del San Paolo. L’iter è appena cominciato.
«A noi interessa che entro 90 giorni diano una risposta perché sulle aree oggetto della manifestazione d’interesse abbiamo altri progetti già autorizzati, che sono sospesi dal momento che è in corso la procedura in questione. Si tratta di superfici commerciali per 102mila metri quadri, tra cui il Palaponticelli, e investimenti per oltre 300 milioni».
Rispetto al concept del 7 maggio il progetto depositato ha subito modifiche?
«Sì, l’idea progetto è stata ulteriormente arricchita in quanto la disponibilità dell’area ex Feltrinelli ci consente di proporre un semplice accorpamento di superfici commerciali già assentite nelle adiacenze del nuovo stadio senza ulteriore consumo di suolo, ma anzi realizzando il parco urbano del Sebeto di circa 17 ettari».
La preoccupa l’iter burocratico in corso?
«Sono molto serena perché abbiamo presentato tutti gli studi, da quello di impatto ambientale, a quello geologico, paesaggistico, trasportistico e urbanistico, ovviamente oltre quello socio-economico. Vorrei aggiungere inoltre, che per come è strutturata la nostra proposta, essa ci consente da un lato, decorso un certo termine, di continuare il nostro investimento già autorizzato, dall’altro, di dimostrare che a Napoli le sfide si possono raccogliere e vincere, che Napoli è una città con grandi potenzialità e che, dunque, c’è spazio per chi ha voglia e capacità di investire rischiando di tasca propria».
Ne ha parlato con l’amministrazione?
«Abbiamo presentato la nostra idea progetto secondo le regole. Certamente, perché la nostra manifestazione d’interesse possa diventare una proposta vera e propria, ci sarà bisogno di chiarimenti e/o integrazioni sia da parte della pubblica amministrazione, sia da parte del proponente».
Veniamo al dunque: l’inquilino del nuovo stadio dovrebbe essere il patron del Calcio Napoli, Aurelio De Laurentiis che non vuole sentir parlare di trasferirsi.
«Lo stadio-arena polifunzionale da noi ideato, di proprietà della città, prevede indubbiamente che il Calcio Napoli sia uno di fruitori. Vorrei anche ricordare che in questo momento Napoli esprime due club di serie A: uno maschile e l’altro femminile la Carpisa Yamamay. Ciò detto, è tuttavia chiaro che la società Calcio Napoli sarà comunque un inquilino di un’opera pubblica di proprietà del Comune e che, dunque, è l’amministrazione a dover interloquire con il club».
Tuttavia riconoscerà che la questione non è secondaria.
«Nessuno lo nega. La procedura non prevedeva alcun accordo con il calcio Napoli che sarebbe stato per altro in contrasto con tutti i principi nazionali e comunitari sulla concorrenza. Resta il fatto che con la procedura messa in campo l’amministrazione si potrebbe ritrovare con un arricchimento del patrimonio pubblico di 300 milioni rappresentato dal nuovo stadio, dal San Paolo rifatto e da tutte le aree circostanti riqualificate, oltre uno dei più grandi parchi pubblici a verde di tutta la città».
Ma allora Napoli avrà questo nuovo impianto, sì o no?
«Noi aspettiamo una risposta in 90 giorni. Poi se non accadrà nulla Napoli avrà perso investimenti per 700 milioni con tutti i ritorni economici e occupazionali del caso».
Non sarebbe meglio sedersi tutti insieme intorno a un tavolo?
«Noi la nostra parte al momento l’abbiamo fatta. La legge consente interlocuzioni istituzionali tra gli attori di questo procedimento, e quindi se la nostra idea sarà ritenuta meritevole, saremo pronti al confronto con tutti, consapevoli della sfida che un progetto del genere porta con se: dimostrare alla comunità internazionale, non solo del business, che Napoli può farcela».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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