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Fair play finanziario un anno dopo: Platini fa i primi conti

Le regole di re Michel

Il Paris Saint-Germain ha dominato l’estate. E ha allarmato l’Europa. Il club francese ha speso 147 milioni di euro soltanto nell’ultima sessione del calciomercato. Un’enormità. La maggior parte delle società europee non ha gradito il comportamento, e ha richiamato il Psg al rispetto delle norme del fair play finanziario. Un’innovazione che rivoluzionerà il mondo del pallone sotto il profilo economico.
Che cosa è. Il nome «fair play finanziario» può spaventare. Niente di incomprensibile. Si tratta di una serie di regole che disciplina il modo di gestire i soldi all’interno delle società. Il principio del sistema è uno: i club non possono spendere più di quanto incassano. La Uefa ha ideato il fair play per ridurre i debiti che schiacciano le società, considerando che il passivo del calcio europeo è stato di 1,7 miliardi di euro nel 2011. Il presidente Platini ha affidato l’allestimento del regolamento al segretario generale Infantino e al dirigente Traverso.
Come funziona. Il fair play non vigila sui debiti totali dei club, ma misura il deficit; vale a dire la differenza che si crea tra i ricavi e le spese. Se le perdite si riducono, allora pure il debito non cresce. Il percorso prevede alcune scadenze cui i club dovranno attenersi per raggiungere il pareggio del bilancio. La Uefa ha diviso le stagioni che intercorrono fra il 2011 e il 2018 in sei gruppi sovrapposti. Il primo è biennale, e comprende le annate 2011/2012 e 2012/2013, mentre i seguenti cinque saranno triennali: uno comprenderà il 2012, il 2013 e il 2014; un altro il 2013, il 2014 e il 2015; un quarto il 2014, il 2015 e il 2016; il quinto il 2015, il 2016 e il 2017; l’ultimo le tre stagioni successive al 2016. Un anno dopo la fine di ogni biennio o triennio, la Uefa svolgerà i controlli sui deficit. E infliggerà le sanzioni.
I deficit. Nel biennio iniziale, i club non dovranno accumulare un deficit complessivo superiore ai 45 milioni di euro: il disavanzo medio concesso sarà dunque di 22,5 milioni per ciascuna annata. Lo scenario dei 45 milioni di deficit massimo si ripeterà nel triennio 2012-2014 durante il quale i club potranno mediamente perdere 15 milioni per anno. Il disavanzo consentito scenderà a 30 milioni nei tre trienni contemplati fra il 2013 e il 2017. E dovrà raggiungerà la quota dei 5 milioni a partire dal 2017.
Le sanzioni. L’Organo Uefa per il controllo finanziario analizzerà i conti delle società un anno dopo la conclusione di ciascun ciclo. Un margine di cinque milioni sarà sempre tollerato. E alcuni costi saranno esclusi dai bilanci: le spese per i vivai, per la costruzione degli stadi, per gli ingaggi dei giovani, per le infrastrutture e per le iniziative sociali soprattutto. La Uefa ha comunque lasciato uno spiraglio ai club in difficoltà: le donazioni e gli aumenti del capitale volti a diminuire o a azzerare le passività saranno permessi. I prestiti no. E pure la tendenza dei conti sarà valutata. Le punizioni saranno di dieci tipi: la Uefa potrà emettere avvisi e reprimende oltre che applicare multe, penalizzazioni di punti, trattenute di premi, divieto di iscrizione dei giocatori ai tornei, riduzione dei calciatori nelle liste Uefa, squalifiche dalle competizioni, esclusioni dalle manifestazioni future, e revoche dei titoli. Le sanzioni legate alla stagione in corso saranno comminate durante la primavera del 2014. Il fair play è già a regime.

Fonte: Il Messaggero

La Redazione

P.S.

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