Un elogio al Napoli. «È la società che applica il fair play finanziario ormai da anni». Cinque bilanci consecutivi in utile, ne prende atto Andrea Traverso, responsabile delle licenze per club dell’Uefa, il dirigente a cui il presidente Michel Platini ha delegato gestione e controllo del fair play finanziario. «Che non è stato imposto ai club, ma è stato da loro richiesto», ha precisato il manager, intervenuto al convegno organizzato a Napoli dall’associazione Azzurra Lex al Palazzo di Giustizia e moderato dal giornalista Valter De Maggio. Presenti anche il direttore generale della Federcalcio, Antonello Valentini; l’amministratore delegato del Napoli, Andrea Chiavelli; il professore Tommaso Edoardo Frosini, componente del Tribunale nazionale dello sport e l’avvocato Lucio Giacomardo.
Il Napoli come esempio di club virtuoso. «La nostra storia è cominciata in un altro tribunale, quello di Castelcapuano», ha ricordato Chiavelli. Nell’agosto 2004, quando De Laurentiis acquistò il titolo sportivo della fallita Ssc Napoli. «Altri club hanno seguito la nostra strada sotto l’aspetto finanziario. Per loro il fair play potrebbe essere stato un obbligo, per noi è stato un comportamento naturale perché abbiamo ritenuto che occorresse gestire con criteri aziendali una società calcistica. Il nostro obiettivo è generare valore e non eroderlo. Il calcio vive una fase di trasformazione, ma noi non dovremmo modificare la nostra strategia. Siamo partiti senza calciatori e palloni, le stagioni in serie C1 e serie B sono state un grande vantaggio perché ci hanno consentito di formarci. Puntiamo a dare continuità al progetto». Anche attraverso un forte settore giovanile. «È un nostro obiettivo strategico, ma è un processo che richiederà alcuni anni anche perché noi cerchiamo valide infrastrutture, e questo non è facile sul territorio, e allenatori che siano anche formatori di coscienze perché si rivolgono ai giovani. Questa terra ha offerto frutti importanti al calcio italiano e ci sarà continuità», ha detto l’ad del Napoli.
Il dg Valentini ha sottolineato i controlli che la Figc esercita sulle società ancor prima del fair play dell’Uefa: «Rilasciamo una licenza nazionale dal 2010 sulla base di questi criteri: situazione economica, parametri sportivo-organizzativi, infrastrutture. Nella stagione 2010-2011 sono stati tolti 111 punti per irregolarità a società di B, Prima e Seconda divisione; nella scorsa stagione, 65. Per progredire il calcio italiano deve battersi su tre fronti: stadi, difesa dei marchi e potenziamento dei settori giovanili. Abbiamo soltanto 13 impianti a norma Uefa, ovvero in grado di ospitare partite delle nazionali e tra questi c’è il San Paolo. Per quanto riguarda i vivai, riflettiamo su un dato: il Barcellona tira fuori 40-50 milioni per la cantera mentre il club italiano che investe di più arriva a 12-13. È anche necessario ridurre i club professionistici: entro il 30 novembre dovremmo portare a 60 le squadre di Lega Pro; la A e la B pensano a riduzioni, la decisione spetta alle assemblee».
Il manager dell’Uefa, Traverso, ha chiarito che il fair play finanziario non ha come obiettivo l’equilibrio competitivo tra i club, ma anzitutto «la stabilità finanziaria: se l’oligarca o lo sceicco di turno si stanca del giocattolo dopo qualche anno, si rischia di creare un disastro. Non possiamo obbligare un club a non sborsare cifre elevate per un calciatore o per il suo stipendio: noi vogliamo aiutare le società a migliorare la gestione e ne monitoriamo 235 in tutta Europa. In caso di mancato rispetto delle regole scatteranno le sanzioni, con possibili esclusioni dalle competizioni europee». A margine del convegno, si è parlato del caso San Paolo: l’Uefa ha confermato l’ultimatum per il 6 novembre, lavori conclusi entro quella data o altrimenti scatteranno le sanzioni annunciate per Napoli-Dnipro dell’8.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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