Un tè nel deserto, sorso dopo sorso, guardando lontano un Paese, un calcio che ha contribuito a fare grande e che oggi lo vive da spettatore interessato. Fabio Cannavaro nel buen retiro di Dubai, il mercurio schizza fino a 45 gradi, eppur lavora nelle vesti di ambasciatore-consulente del presidente. Si parla di calcio, quello che l’Al Ahli Club spera di migliorare anche grazie ai suoi suggerimenti. Solo quelli, ormai letà avanza e ha smesso di indossare gli scarpini: domani è il suo compleanno, festeggerà i primi 39 anni. Dieci dei quali trascorsi tra il Napoli (tre stagioni) e il Parma (7): guarda caso le due formazioni che domenica si sfideranno al San Paolo per la terza giornata di serie A. Fabio Cannavaro, queste due squadre qualcosina hanno significato nella sua carriera? «Un pochino, giusto qualcosa? Sono le prime due squadre nelle quali ho giocato da professionista, mi hanno segnato in serie A. A Napoli ero giovane, una promessa, mentre a Parma c’è stata la mia consacrazione. Lì abbiamo vinto con una squadra fortissima, soprattutto coppe. Un grande gruppo che viveva senza la pressione delle grandi squadre. Parma mi ha permesso di crescere ad altissimo livello». Forse non ricorda ma le storie di Napoli e Parma sono state caratterizzate spesso da sue lacrime come l’ultima giornata del campionato 1994-95. Lei era squalificato e a fine gara pianse perché l’Inter, con un gol di Delvecchio a tempo scaduto, soffiò il posto in Coppa Uefa al Napoli? «Allora io gliene ricordo una precedente. L’anno prima, Napoli-Parma, ci fu l’addio di Ferrara. Portato da me sulle spalle, ovviamente in lacrime». Poi pianse anche quando ci fu il trasferimento dal Napoli al Parma. «Ero a Milano, mi fecero salire in una stanza dell’hotel. Ferlaino doveva salvare il Napoli dal fallimento e il mio manager stava trattando, voleva capire. Poi mi dissero che bisognava vendermi per forza, ma io non volevo accettare, all’epoca mi vedevo con un futuro azzurro. Ero cresciuto con il Napoli guidato dai napoletani: Bruscolotti, Juliano e Ferrara, volevo diventare come loro». Stagione 1997-1998: Parma-Napoli significò la retrocessione della squadra azzurra. A fine gara, però, le lacrime furono di Taglialatela «Furono brutte lacrime, perché in quel Napoli c’erano amici con i quali avevo condiviso lo spogliatoio. Preferii non giocarla quella gara, ero in panchina col Parma, poi a fine match mi avvicinai a Taglialatela che era il simbolo della squadra. Giocare a Napoli è fantastico, ma ha un peso importante e capivo cosa volesse dire da napoletano: qualcosa di drammatico». Oggi a Napoli è tutto diverso. «È di nuovo una realtà del nostro campionato, con il bilancio a posto e punta ad una crescita ulteriore. Oggi consiglierei a tutti di andare a Napoli, è gratificante e vincente. Cè un grande gruppo, conosco alcuni di loro e mi piace come stanno insieme, anche fuori dal campo con le mogli. Questa è una delle chiavi del successo». Napoli e Juve che lottano di nuovo per lo scudetto: unaltra bella storia per Fabio Cannavaro «Trovo molto importante che dopo tanti anni sia tornata questa sfida: pochi anni fa erano entrambe in serie B. Faccio i complimenti alle due società. Ma per una crescita ulteriore ora ci si aspetta lo conquista dello scudetto da parte del Napoli». Trova sia possibile? «Vedo una squadra che, mentre lanno scorso aveva solo l’imprevedibilità di Lavezzi, oggi ha rosa più equilibrata e completa». Paolo, suo fratello, quanto è migliorato? «Se lo dico io potrebbe non valere… Però negli ultimi tre anni è diventato tra i migliori in Italia. Poi gli errori li commettono tutti, anche io e Nesta ne facevamo». Crede sia anche merito di Mazzarri? «Certo, è merito suo che gli ha trasmesso tranquillità e fiducia. Poter sbagliare senza essere messo fuori, è tanto. Mazzarri mi piace molto, è riuscito a dare una mentalità alla squadra, riesce a trasmettere voglia di vincere». Si immagina di nuovo a Napoli in futuro? «Vedremo. Mi sono sentito con il presidente De Laurentiis per organizzare l’anno scorso una tourneè a Dubai, ma ci siamo mossi tardi. Ho fatto esperienza e adesso frequento anche il corso di direttore sportivo, spero un giorno di tornare a lavorare in Italia. A casa mia sarebbe anche meglio». Se potesse assegnare lo scudetto a qualcuno, quest’anno, lo darebbe alla Juve oppure al Napoli? «Rispetto la Juve, il club dove ho vinto degli scudetti e che odiavo da bambino, per poi capirne lo spirito quando ci sono stato dentro. Stimo la Juve, ma il Napoli resta sempre qualcosa di più: è normale che lo scudetto vorrei darlo al Napoli».
Fonte: tuttosport
La Redazione
P.S.
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