E se avesse ragione il Pocho? « Per tornare in alto basterà vincere tre o quattro gare di fila ». Il segreto inconfessabile – impronunciabile – è in quell’atto di «fede» verso la scaramanzia: e se ci sono cose che non si possono dire, vabbé, c’è sempre un modo per farle intuire: Novara, 11 dicembre 2012, le stelline di Natale restano accese in una notte cupa, con l’ira per un pareggio (in)utile che monta, e però del futuro c’è certezza in quel Lavezzi nudo e puro che si concede ai microfoni e va avanti a testa bassa, mai un dribbling ovvio, puntando forte su se stesso e sul Napoli: «Io ho fiducia, perché alla fine del campionato manca ancora tanto ».
LA REMONTADA – E dunque, dove ci eravamo lasciati? Nove punti dalla Juventus e dall’Udinese, sette dal Milan e dalla Lazio, le grandi che precedono vanno come razzi, ma il Napoli che sta dietro contro di loro non s’è mai smarrito, non ha mai perso, e quel che resta di quattordici domeniche in chiaroscuro è la rabbia di aver lasciato qualcosa con le piccole: due punti a Novara, tre al Chievo, tre al Catania, tre al Parma al San Paolo. E però, si può fare, perché quegli occhi da scugnizzo che scrutano l’orizzonte, recitano ciò che avverte l’anima e il leader d’uno spogliatoio, il trascinatore riconosciuto d’una squadra che s’aggrappa alle sue finte, ai suoi assist, alla sua voglia matta di capovolgere non solo le gerarchie ma pure il destino.
Avanti tutta: Roma e Genoa, poi a casa per riprendere se stesso, e poi a seguire il rush finale – con Palermo, Bologna e Siena – di un girone d’andata ch’è lievemente differente da quello dell’anno scorso. « Ma io sono ottimista ».
LO SCATTO – Ventuno punti in quattordici partite: ma l’anno che verrà è un campionario d’occasioni da mettere in fila, ventiquattro gare ancora e un destino da tracciare con le proprie mani, seguendo il proprio talento e quella ostinata convinzione che Lavezzi ha in se stesso e in una squadra che ha dimostrato di avere un cuore, di avere testa. « Ci bastano tre-quattro vittorie consecutive ». E’ un lampo di genio, oppure uno scatto bruciante; è un filotto da inseguire a testa alta, per rimettersi nella scia delle fuggitive, per appagare ciò ch’è conservato nell’io più inavvicinabile d’un Napoli che ha chiarissime le idee su ciò che cerca: «Dalla fine della stagione ci separano parecchie giornate ancora e possiamo tornare in alto ».
L’UOMO C’E’ – La sintesi d’un trimestre ad altissima intensità, consumato spaziando ed esaltando tra campionato e Champions, è in quelle immagini ricorrenti dell’uomo che spacca in due le partite, nelle ultime innovazioni su calcio d’angolo che valgono oro, negli assist confezionati a ritmo continuo da un Pocho che s’è messo a studiare da bomber con Cristiano Lucarelli e che insegue la doppia cifra ma, soprattutto, una dimensione internazionale ancor più autorevole. La stagione di Lavezzi è un condensato di adrenalina allo stato puro, cominciata a Cesena con un gol-lampo, proseguita con la fiammata per bruciare l’Udinese e infine griffata con il siluro lanciato per avviare la demolizione del Lecce: tre reti, in altrettante vittorie. « Ce ne servono tre o quattro per tornare in alto ». E se avesse ragione il Pocho?
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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